Io che cerco perfezione e trovo solo disfatte
cammino sui cocci del mio cuore infranto
tra vetri e sangue e lacrime sul pavimento vedo riflesso il mio volto
e non mi riconosco più
manca ossigeno a questa mia vita confusa tra ciò che vorrei e ciò che non sarà mai
ripudiata come un peccato l’angoscia mi invade
e corro via avvolta tra polvere e sangue
scaccio a fatica i pensieri neri che avvolgono la mia anima in un drappo nero pesante, intollerabile…
eppure certi giorni raggiungo l’infinito…
per alcuni istanti mi sento quasi in paradiso..
ma so bene che poi ogni volta come ora sconterò tutto fino all’ultimo
ogni volta che inizio a riemergere la tua mano con forza mi spinge giù negli inferi
e ricomincia l’apnea
e il mio inferno personale
fatto di speranze
ormai spezzate del tutto come i rami troppo giovani di un albero che vorrebbe crescere e gli viene negato
ogni germoglio strappato…
alla fine muore come muoiono qui le mie speranze e la voglia di sognare ancora
http://paroledivelluto.blogspot.com/2011/11/riflessi-di-me.html
[ © Giulia.LadyEnigma ]
Sofferenza
Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta serenità dell’animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall’ansia.
Una volta raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché il nostro organismo vitale non è più bisognoso di alcuna cosa, altro non deve cercare per il bene dell’animo e del corpo. Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno.
Per questo noi riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene primo e a noi congenito. Ad esso ci ispiriamo per ogni atto di scelta o di rifiuto, e scegliamo ogni bene in base al sentimento del piacere e del dolore.
Epicuro, Lettera sulla felicità
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“Togli la vista,la conversazione e lo stare insieme,e la passione d’amore s’estingue.”
Epicuro, Lettera sulla felicità
Chiunque perde una persona desidera vendetta su qualcuno,
su Dio se non riesce a trovare nessun altro.
Ma in Africa i Matogoli e i Ku credono che l’unico modo di estinguere il dolore e’ salvare una vita.
Se qualcuno viene ucciso un anno di lutto finisce con un rituale chiamato la prova dell’uomo che affoga.
Per tutta la notte c’e’ una festa accanto ad un fiume.
All’alba l’assassino viene messo su una barca e portato fino al largo e gettato fuori.
E’ legato, cosi’ non puo’ nuotare.
La famiglia del morto deve fare una scelta puo’ lasciarlo affogare o raggiungerlo a nuoto e salvarlo.
I Ku credono che se la famiglia lascia che l’uomo affoghi avra’ giustizia ma passera’ il resto della vita nel lutto, ma se salva l’uomo, se ammette che la vita non e’ sempre giusta, proprio quel gesto portera’ via il dolore.
La vendetta e’ un pigra forma di sofferenza …
Dal film “The Interpreter“