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“Dei sei figli che Lui aveva contribuito a procreare, due maschi e quattro femmine, io ero certamente stato quello che aveva finito per assomigliargli di più.
Almeno questo era quanto mi avevano sempre detto un po’ tutti coloro che ritenevano di conoscermi bene, fin dall’infanzia.
Sembrava inverosimile, eppure, a quelle molto evidenti e radicali differenze nel carattere, corrispondevano in effetti profondissime similitudini, come io stesso avevo peraltro spesso avuto modo di verificare, soffermandomi ad osservare certi miei atteggiamenti, certe reazioni istintive, certi movimenti inavvertiti del corpo, certi tratti del viso o quel curioso ghigno degli occhi che spesso tradiva in ambedue una malcelata e condivisa timida riservatezza.[…]
forse erano state proprio quelle profonde similitudini, non riscontrabili in nessun altro dei miei fratelli, che lo avevano indotto a pretendere così tanto da me e, viceversa, forse era stata proprio la percezione di questa latente pretesa da parte Sua che mi aveva spinto ad effettuare scelte nella mia vita assolutamente in contrasto con ogni possibile aspettativa sia paterna che, più in generale, familiare.
Forse era stata una inconscia resistenza o reazione a ciò che sentivo come delle imposizioni di percorsi prestabiliti, a condurmi a maturare così sofferte relazioni con il mio genitore e con tutta quella solida realtà di cui Lui era inconsapevole portatore.”
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da l’ombra più lunga – tre racconti sul Padre * Gianfranco Pecchinenda