Il pensiero è come il coltello: ti ci puoi imburrare il pane oppure tagliartici la gola. È incredibile, ma quasi tutti gli esseri umani preferiscono la seconda soluzione. Non chiedermi il perché. È come chiedermi perché diavolo l’acqua ti cade addosso invece di starsene per i cavoli suoi su nelle nuvole.
A proposito, credo che l’acqua c’entri qualcosa, con le seghe mentali.
Infatti se la sostituisci sistematicamente con la grappa, la tua tendenza a farti le seghe mentali diminuisce. In compenso però ti viene la cirrosi epatica.
E non me la sento di dirti che è meglio. Per cui è meglio cercare di smettere di farti le seghe mentali in un altro modo.
Eppure il pensiero non è nato con l’idea di essere, o di diventare, un’arma di autodistruzione, naturalmente.
Il pensiero è un risultato dell’evoluzione biologica, quindi ha lo stesso scopo di tutte le funzioni biologiche: la sopravvivenza.
Mettiamo che uno ti molli un cazzotto sul naso mentre passeggi con la tua fidanzata nel bel mezzo del centro cittadino e scappi prima che tu riesca a reagire.
Questo, a meno che tu non abbia un naso di gomma e la dignità di un verme del formaggio, ti procura un bel po’ di tensione, che non puoi scaricare mollandogli un calcio nelle balle (risposta adeguata, secondo la Convenzione di Ginevra, al cazzotto sul naso), per il fatto principale che non hai più le sue balle a portata di mano (o meglio, di piede).
Cosa fai allora?
Te lo meni per due giorni (il cervello, naturalmente; qualunque altra cosa tu ti meni, non da gli stessi risultati), pensando che se lo incontri gli fai le seguenti cose:
1) Lo prendi per il collo.
2) Gli fai ingoiare la cravatta.
3) Gli pianti il distintivo del tuo club in un occhio (ammesso che esista un club disposto ad accettare te come socio).
4) Gli sputi nelle narici (non nei condotti auricolari, come ti verrebbe subito di fare, per via del punto 5, che in questo caso avrebbe difficoltà a essere eseguito).
5) Gli canti una canzone di Gino Paoli.
A questo punto potresti fermarti qui, perché una canzone di Gino Paoli è una risposta sufficiente a qualsiasi offesa al di sotto della pugnalata al cuore (per il semplice fatto che dopo una pugnalata al cuore ti passa la voglia, di cantare una canzone di Gino Paoli… magari una di Luciano Tajoli?…).
6) Gli dai il calcio nelle balle regolamentare previsto dalla Convenzione di Ginevra.
Questa scena con tutte le sue sequenze te la vedi nel tuo cervello come un film del Cinema d’Essai, tipo La corazzata Potiomchin (finalmente scritta come si pronuncia!): te lo rivedi in continuazione.
Con questo espediente scarichi un po’ di quella tensione che non puoi scaricare in modo normale (operando nei fatti invece che nel pensiero), cioè dandogli davvero una fraccata di botte, cosa che avresti dovuto fare per scaricare completamente e in modo naturale la tensione quando ti ha mollato il cazzotto sul naso.
Dunque lo scopo immediato del pensiero, quello per cui probabilmente si è originato, è scaricare la tensione eccessiva.
Il pensiero è cioè fondamentalmente la versione mentale e diurna della ben nota «polluzione notturna», unica attività sessuale ufficialmente ammessa per boy-scout, educatori e personale ecclesiastico: un «troppo pieno» della tensione.
Avendo addosso una tensione insopportabile e non potendo scaricarla completamente attraverso l’azione reale, la scarichi parzialmente attraverso l’azione pensata.
Quindi…. il pensiero è fondamentalmente un surrogato dell’azione!
Giulio Cesare Giacobbe, Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita