Alla vita manca sempre qualcosa per essere perfetta.
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Allora pensò che per quanto la vita sia incomprensibile, probabilmente noi la attraversiamo con l’unico desiderio di ritornare all’inferno che ci ha generati, e di abitarvi al fianco di chi, una volta, da quell’inferno, ci ha salvato. Provò a chiedersi da dove venisse quell’assurda fedeltà all’orrore, ma scoprì di non avere risposte. Capiva solo che nulla è più forte di quell’istinto a tornare dove ci hanno spezzato, e a replicare quell’istante per anni. Solo pensando che chi ci ha salvati una volta lo possa poi fare per sempre. In un lungo inferno identico a quello da cui veniamo. Ma d’improvviso clemente. E senza sangue.
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Lo decide chi vince, quando una guerra finisce
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L’uomo disse che si ricordava. Che non aveva fatto altro, per anni, che ricordarsi tutto.
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C’erano un sacco di cose che dovevamo distruggere per poter costruire quello che volevamo, non c’era altro modo, dovevamo essere capaci di soffrire e impartire sofferenza, chi avrebbe tollerato più dolore avrebbe vinto, non si può sognare un mondo migliore e pensare che te lo consegneranno solo perché lo chiedi, quelli non avrebbero mai ceduto, bisognava combattere.
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Era tutto così ordinato. Era tutto così compiuto. Esatto.
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Avrebbe voluto pensare. Ma non ci riusciva. Ogni tanto si è troppo stanchi per pensare.
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Sentì tornargli addosso la sensazione provata mille volte nel trovare quella esatta posizione, tra il tepore delle lenzuola o sotto qualche sole di pomeriggio da bambini. Le ginocchia piegate, le mani in mezzo alle gambe , i piedi in bilico. La testa piegata in avanti, a chiudere il cerchio. Dio, com’era bello!