Il tempo, si sa, vola a volte veloce come un uccello, a volte scivola lento come un verme, ma la sensazione migliore per l’uomo sta nel non accorgersi nemmeno se il tempo stia trascorrendo piano o in fretta.
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In un angolo remoto della Russia c’è un piccolo cimitero di campagna, triste come tutti i nostri cimiteri. Nel fossato che lo circonda l’erba è incolta; le grige croci di legno sono inclinate e marciscono sotto i loro piccoli tetti che
un tempo erano dipinti; le lapidi sono smosse, come se qualcuno le avesse spinte dal disotto; due o tre alberelli spogli fanno una misera ombra e le pecore vagano indisturbate tra le tombe… Ma c’è una tomba alla quale nessuno può avvicinarsi, che nessun animale può calpestare, solo gli uccelli, all’alba, vi si posano a cantare. Una recinzione di ferro la protegge e ai lati s’innalzano due giovani abeti: in quella tomba è sepolto Evgènij Bazàrov.
Ivan Sergeevič Turgenev * PADRI E FIGLI
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In ogni caso un figlio non può giudicare il padre e tanto meno io potrei giudicare un padre che non ha mai ostacolato la mia libertà
Ivan Sergeevič Turgenev * PADRI E FIGLI
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«Tu non conosci abbastanza mio padre», diceva Arkàdij.
Nikolàj Petròviè si nascose.
«Tuo padre è un bravo ragazzo», ribatté Bazàrov, «ma ha una mentalità arretrata. La sua canzoncina l’ha già cantata».
Ivan Sergeevič Turgenev * PADRI E FIGLI
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La vita dell’uomo è appesa a un filo con sotto una voragine che si può spalancare in ogni istante, e, nonostante tutto, è l’uomo che si procura da solo ogni sorta di dispiaceri, che si rovina con le proprie mani