Lo sò, il mio corpo non è perfetto. Non lo è mai stato.
Troppo goffo, troppo impacciato, pieno di insicurezze, troppe. Quando ero piccola, non sapevo mai dove “mettermi” per non dare fastidio, e non correvo veloce come gli altri mentre si giocava a nascondino. Così scappavo in camera mia, e a nascondino ci giocavo da sola. Si, mi nascondevo sotto le coperte e cominciavo a contare. E contavo, contavo, contavo fino a mille per addormentarmi, e magari svegliarmi “diversa”. Sarebbe stato bello aprire gli occhi e trovare finalmente un amico/a accanto a me. Qualcuno che dal cortile, si fosse preso la briga di fare tre rampe di scale per venirmi a cercare. E invece no. Uscivo dalle coperte, ed eravamo sempre soli, io e tutti i miei chili. Mi guardavo allo specchio, e puntualmente non cambiava mai nulla.
Io ero sempre “la stessa”. Quella che rimaneva sempre un passo indietro da tutti. Quella che si sentiva ingombrante anche dentro a una stanza vuota. Quella che sull’ altalena non ci stava, e doveva spingere a turno tutti gli altri. Quella che rideva, ma che avrebbe tanto voluto piangere, e che invece faceva finta di divertirsi, anche quando gli altri ridevano di lei. Quella che non poteva scambiarsi i vestiti con le amiche, e allora lo faceva con le bambole. Quella che non poteva dare consigli sull’ amore, perchè un bacio non lo aveva ricevuto mai. Quella che se ne stava in un angolo, ad ascoltare e fantasticare sugli amori degli altri. Quella che, le lettere profumate e piene di cuori, non erano mai per lei. Ecco, io ero “quella”. E lo sono tutt’ ora, e sono orgogliosa finalmente di quella bambina, che ora è una donna ed ha imparato ad amarsi.
Troppo goffo, troppo impacciato, pieno di insicurezze, troppe. Quando ero piccola, non sapevo mai dove “mettermi” per non dare fastidio, e non correvo veloce come gli altri mentre si giocava a nascondino. Così scappavo in camera mia, e a nascondino ci giocavo da sola. Si, mi nascondevo sotto le coperte e cominciavo a contare. E contavo, contavo, contavo fino a mille per addormentarmi, e magari svegliarmi “diversa”. Sarebbe stato bello aprire gli occhi e trovare finalmente un amico/a accanto a me. Qualcuno che dal cortile, si fosse preso la briga di fare tre rampe di scale per venirmi a cercare. E invece no. Uscivo dalle coperte, ed eravamo sempre soli, io e tutti i miei chili. Mi guardavo allo specchio, e puntualmente non cambiava mai nulla.
Io ero sempre “la stessa”. Quella che rimaneva sempre un passo indietro da tutti. Quella che si sentiva ingombrante anche dentro a una stanza vuota. Quella che sull’ altalena non ci stava, e doveva spingere a turno tutti gli altri. Quella che rideva, ma che avrebbe tanto voluto piangere, e che invece faceva finta di divertirsi, anche quando gli altri ridevano di lei. Quella che non poteva scambiarsi i vestiti con le amiche, e allora lo faceva con le bambole. Quella che non poteva dare consigli sull’ amore, perchè un bacio non lo aveva ricevuto mai. Quella che se ne stava in un angolo, ad ascoltare e fantasticare sugli amori degli altri. Quella che, le lettere profumate e piene di cuori, non erano mai per lei. Ecco, io ero “quella”. E lo sono tutt’ ora, e sono orgogliosa finalmente di quella bambina, che ora è una donna ed ha imparato ad amarsi.
Tanya Bì ©