Piove. Sono qui nella stessa camera azzurra in cui ti ho visto l’ultima volta, per l’ultima volta, prima di perderti ancora.
Dalla finestra vedo il rampicante che si stringe all’arco di pietra e le luci morbide delle case di fronte, accese su velluti e tende preziose.
Sotto la stessa finestra quella sera hai aspettato qualche secondo che mi affacciassi per un ultimo romantico saluto. Ma io non mi sono affacciata, confusa dal tuo volermi e sfuggirmi al tempo stesso, appoggiata alla porta che avevi chiuso dietro di te per tornare alla tua vita, al tuo letto già scaldato da un’altra donna, la tua donna, la donna che ti ha accompagnato nella tua vita, fino a qui.
Sulle pareti della camera azzurra una mano creativa ha scritto, in uno stampatello un po’ infantile, frasi sulla felicità. Inseguire la propria felicità, senza rimandare, senza farsi fermare da paure e sensi di colpa, perché ognuno di noi ha il diritto di stare qui sulla terra e di cercare di essere felice. Ecco cosa mi gridano le pareti azzurre di questa stanza, come un cielo pallido, assolvendomi per aver inseguito, questa notte, tra le tue braccia, sulle tue labbra, la mia felicità.
Piove ancora, una pioggia sottile che batte leggera alle finestre. Schizzichea. Quante volte ho provato a spiegarti questa parola.
Sono qui nella stessa camera azzurra in cui l’ultima volta ti ho baciato, lievemente e a lungo, persa sulle tue labbra, come per lasciarti un segno di me, di noi, della nostra possibile felicità insieme, un ricordo cui attingere nei momenti di dubbio, di paura, quasi presagendo la fine, la fuga.
Al caldo del piumino, nella stessa stanza azzurra, con le scritte bianche sulla felicità, senza di te, guardo le stelle dalla finestra e desidero il tuo ritorno.
La tua dolcissima