Hara Kei ascoltava, senza che l’ombra di un’espressione scomponesse i tratti del suo volto. Teneva gli occhi fissi sulle labbra di Hervé Joncour, come se fossero le ultime righe di una lettera d’addio. Nella stanza era tutto così silenzioso e immobile che parve un evento immane ciò che accadde all’improvviso, e che pure fu un nulla.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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La sera rimaneva a lungo, sotto il portico della sua casa, seduto accanto alla moglie Hélène. Lei leggeva un libro, ad alta voce, e questo lo rendeva felice perché pensava non ci fosse voce più bella di quella, al mondo.
Compì 33 anni il 4 settembre 1862. Pioveva la sua vita, davanti ai suoi occhi, spettacolo quieto.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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Salirono insieme il fianco della collina, fino ad arrivare in una radura dove il cielo era rigato dal volo di decine di uccelli dalle grandi ali azzurre.
– La gente di qui li guarda volare, e nel loro volo legge il futuro.
Disse Hara Kei.
– Quando ero un ragazzo mio padre mi portò in un posto come questo, mi mise in mano il suo arco e mi ordinò di tirare a uno di loro. Io lo feci, e un grande uccello, dalle ali azzurre, piombò a terra, come una pietra morta. Leggi il volo della tua freccia se vuoi sapere il tuo futuro, mi disse mio padre.
Volavano lenti, salendo e scendendo nel cielo, come se volessero cancellarlo, meticolosamente, con le loro ali.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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Vide sua moglie Hélène corrergli incontro, e sentì il profumo della sua pelle quando la strinse a sé, e il velluto della sua voce quando gli disse
– Sei tornato.
Dolcemente.
– Sei tornato
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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Joncour fece un passo verso di lei, allungò una mano e l’aprì. Sul palmo aveva un piccolo foglio, piegato in quattro. Lei lo vide e ogni angolo del suo volto sorrise
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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Nella stanza senza luci sentì la bellezza del suo corpo, e conobbe le sue mani e la sua bocca. La amò per ore, con gesti che non aveva mai fatto, lasciandosi insegnare una lentezza che non conosceva. Nel buio, era un nulla amarla e non amare lei.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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Una sera Hélène gli chiese
– Cosa sono?
– È una voliera.
– Una voliera?
– Sì.
– E a cosa serve?
Hervé Joncour teneva fissi gli occhi su quei disegni
– Tu la riempi di uccelli, più che puoi, poi un giorno che ti succede qualcosa di felice la spalanchi, e li guardi volar via.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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si mise a ridere, in un modo bellissimo, e ridendo si piegò leggermente verso il gentiluomo inglese arrivando a sfiorarne, coi suoi capelli, la spalla, in un gesto che non aveva nessun imbarazzo, ma solo una sconcertante esattezza.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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come tutti gli anni, lo aiutò, senza chiedergli niente, e nascondendogli qualsiasi sua inquietudine. Solo l’ultima sera, dopo aver spento la lampada, trovò la forza per dirgli
– Promettimi che tornerai.
Con voce ferma, senza dolcezza.
– Promettimi che tornerai.
Nel buio, [..] rispose
– Te lo prometto.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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Il Giappone è un Paese antico, sapete? La sua legge è antica: dice che ci sono dodici crimini per cui è lecito condannare a morte un uomo. E uno è portare un messaggio d’amore della propria padrona.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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ricevette per posta una busta color senape. Quando la aprì, vi trovò sette fogli di carta, coperti da una fitta e geometrica scrittura: inchiostro nero: ideogrammi giapponesi. A parte il nome e l’indirizzo sulla busta, non c’era una sola parola scritta in caratteri occidentali. […]Sembrava un catalogo di orme di piccoli uccelli, compilato con meticolosa follìa. Era sorprendente pensare che erano invece segni, e cioè cenere di una voce bruciata.
ALESSANDRO BARICCO * SETA
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