Un uomo che scavalca i guardrail di una strada a scorrimento veloce è un uomo in difficoltà…
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E questo è Internet, per me, questa è la rete. Parto per fare una cosa e arrivo a farne molte altre che non c’entrano niente — asininamente, compulsivamente. Mettendo tutto sullo stesso piano e alla stessa distanza, è come se rappresentasse un’occasione di cambiare la propria vita, alla faccia di quello che si deve fare. Voglio vedere Fred Astaire, vedo Fred Astaire. Voglio leggere l’articolo 33 della Costituzione, leggo l’articolo 33 della Costituzione. Voglio vedere una donna che si fa scopare da un cane, vedo una donna che si fa scopare da un cane. È l’occasione che genera il desiderio, la fine del pensiero selettivo, l’entropia. È quello che i miei amici francesi, quando lavoravo in televisione, chiamavano il n’importequoisme — e lo combattevano, perché lo consideravano osceno. Ed è osceno, come no — ma c’è un ma: questa equivalenza tra ciò che si deve fare e qualunque altra cosa è oscena, così com’è oscena l’indecisione tra la cosa importante e quelle irrilevanti; ma non lo è affatto — anzi, a volte diventa una protezione, diventa intelligenza — la scelta dell’irrilevanza al posto dell’importanza.
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Mettiamola così: se fossi un uomo saggio a questo punto me ne andrei — e c’è stato un tempo, neanche tanto remoto, in cui ero saggio, e me ne sarei andato.
Ma non sono saggio.
Non lo sono più.
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Mamma…
Quando hai conosciuto papà eri una bella ragazza dai capelli rossi appena laureata in lingua e letteratura inglese e insegnavi in un liceo di Genova, la tua città, con l’intenzione di dedicarti agli studi e alla carriera universitaria. Poi però ti sei sposata, ti sei trasferita a Roma e le tue priorità sono cambiate. Saltando direttamente alla fine della storia, sei stata sposata con papà per trentanove anni, lo hai amato, aiutato, capito, sostenuto, e da quando è nato il primo figlio, cioè io, hai smesso di lavorare e come tante donne della tua generazione ti sei completamente dedicata alla famiglia, vivendo all’ombra del tuo uomo senza mai dare l’impressione che si trattasse di un sacrificio. È anche vero che papà ti ha ricambiata: ti ha amata teneramente, ti è stato fedele, ti ha divertita, ascoltata, lusingata, e anche se lui era quello che portava i soldi a casa non ti ha mai lasciata indietro, calandosi per intero nel ruolo di marito e di padre previsto dal modello delle famiglie del boom economico italiano, il che significa che alla fine è stato addirittura lui, secondo la versione ufficiale che tu stessa hai sempre avvalorato, a sacrificare per noi una parte della sua carriera – ma poiché stiamo parlando degli anni sessanta, settanta, ottanta e novanta, significa anche che ha comunque guadagnato molti più soldi di qualsiasi avvocato che oggi sgobbi per sedici ore al giorno sacrificando tutto il resto. In ogni caso, come si vede anche adesso che sto parlando di te, sei stata una di quelle donne la cui vita non può essere raccontata senza dover necessariamente raccontare anche quella di suo marito.
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l non sentirmi riguardato dalle cose che non mi riguardano è proprio ciò che credevo di avere guadagnato andando in là con gli anni. Una per una, devo sbarazzarmi di tutte le domande che ormai mi si sono formate nella mente, ed è un esercizio piuttosto faticoso.
Chi ha tirato fuori la storia dell’invasione dei gamberi della Louisiana?
Non ha importanza.
Perché?
Non ha importanza.
È una leggenda metropolitana?
Probabilmente.
Possibile che tutti i giornali (ho controllato anche sulla “Repubblica” e “Il Tempo”) se la siano bevuta senza verificare?
Sì.
E anche ammesso che i gamberi rovesciati sull’Aurelia fossero davvero di quella specie, com’è possibile che nessuno si sia accorto che erano già morti?
O erano vivi?
Non ha importanza.
E perché nessuno fa il minimo accenno al ghiaccio che è uscito dal furgone insieme ai gamberi e che dovrebbe indirizzare, a logica, verso l’ipotesi di un carico perduto da un camion piuttosto che di un’invasione di crostacei famelici?
Si è sciolto così in fretta, all’alba, quando la temperatura non supera i diciotto gradi?
E anche se così fosse, come mai nessuno ha trovato strano che in una mattinata serena e luminosa quel tratto di carreggiata fosse bagnato prima che arrivassero i pompieri a ripulirla?
Non ha importanza.
Sì.
Superficialità.
Non dovrei farmi avanti e dire quello che ho visto, per ristabilire un minimo di verità?
No.
E ha senso scomodare la parola “verità” in una storia come questa?
No.
E verrei mai creduto, poi, se decidessi di parlare, visto che anche quell’allevatore, in un certo senso ritenuto il primo responsabile dell’abnorme proliferazione di cui parlano i giornali, convalida l’ipotesi che i gamberi si siano spinti fin qui da Bracciano con le loro dannate zampette?
Probabilmente no.
E in ogni caso, dove cazzo andava, a quell’ora, un furgone pieno di gamberi sfusi?
Suona il campanello, qualcuno è entrato nel piazzale.