Da ragazzi in porta finisce sempre il più piccolo, che a orecchie basse non osa ribellarsi alla condanna, oppure il più imbranato con i piedi, di quelli che solo davanti alla porta vuota ti sparano un tiraccio sbilenco che sfiora la traversa dalla parte sbagliata… Ma poi c’è l’eccezione: quando in porta ci va uno che lo sceglie, uno che spalle alla rete sente di aver trovato il proprio posto nel mondo, e si sfrega le mani scrutando silenziosamente il campo. L’eccezione, appunto, anzi l’anomalia. “Che sia un po’ matto?”, si chiedono i compagni. Forse, e spesso come ogni matto, il portiere è un solitario. Anzi, qualcosa di più: è un uomo solo.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro
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Una vita difficile quella fra i pali, che non conosce mai neanche l’adrenalinica gioia del gol. Anche quando para un rigore (e cioè evita una quasi rete) il merito normalmente non viene assegnato al numero uno. “Rigore parato, rigore sbagliato…” la saggezza popolare del calcio è implacabilmente cinica e spietata.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro
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Per il portiere è fondamentale “sentire la porta” rispetto alla posizione del pallone, saper calcolare quali potranno essere gli spostamenti degli avversari e valutare come questi potranno condizionare la dinamica della propria azione. Per essere padrone della porta e dell’area di rigore bisogna allenare la percezione, la visione periferica e la velocità d’analisi dello sviluppo del gioco, solo così si potrà assumere un piazzamento corretto ed efficace. Così come è importante avere una grande capacità di reazione. La velocità d’analisi, di percezione degli stimoli acustici e visivi risulta decisiva per stabilire in una frazione di secondo, cosa fare e come contrapporsi a un tiro, un cross, un’azione di gioco.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro
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il portiere deve avere anche la capacità di anticipare, di percepire, intuire i possibili sviluppi di un’azione, in modo da impostare la parata o l’uscita una frazione di secondo prima rispetto allo svolgersi dell’azione. Deve riuscire, insomma, a rubare il tempo, deve immaginare dove finirà il pallone. Ma perché possa fare questo il portiere dovrà avere anche una padronanza della tecnica calcistica: solo dall’attenta osservazione della posizione del corpo di un avversario che sta per calciare, dall’impatto del piede sul pallone si può prevedere, infatti, quale può essere la traiettoria possibile e la direzione del tiro.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro
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il destino, le fortune, del numero uno non coincidono per forza con quelle della squadra. E come se giocassero due partite distinte.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro
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Un portiere, insomma, deve avere le spalle larghe, molto larghe e grande, grandissimo autocontrollo.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro
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una grande squadra non può avere che un grande portiere.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro
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Il portiere non è uno degli undici, è qualcosa di diverso. La sfida è insita nel ruolo, uno contro tutti, la difesa della porta, come la difesa della terra santa.
— La solitudine dei numero uno * Gianpaolo Santoro