L’unica maschera che farò stasera sarà la Maschera scrub Pelle Grassa e Impura 3 – a pH ortodermico.
Elena
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Durante il Carnevale, gli uomini indossano una maschera in più.
Xavier Forneret
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Le feste, pubbliche o familiari, hanno una storia antica, tramandata da versi, racconti, rappresentazioni pittoriche e fotografiche. Non mancano mai negli album di famiglia fotografie di battesimi o matrimoni, cosí come non mancano nelle raccolte pubbliche o private immagini di fiere di paese, di feste pubbliche laiche o religiose. Sono immagini, queste ultime, che testimoniano il ripetersi nel tempo di balli in piazza, di baracconi delle meraviglie o di giostre per bambini, di funamboli e di fuochi d’artificio. Un esempio di tempo di festa che si è perpetuato dall’antichità a oggi è quello del carnevale. Il carnevale è una perfetta coincidenza di azione e di tempo festivo: si svolge in un periodo ben preciso dell’anno, compreso tra la fine delle feste natalizie e la Quaresima, e significa balli, mascherate, sfilate allegoriche a cui tutti sono chiamati a partecipare liberamente. Si può dire che quasi ogni paese d’Italia abbia le sue sfilate, da quelle di Viareggio a quelle di Cento e Fano, ad altre meno rinomate, ma non per questo meno frequentate e meno coinvolgenti. Di tutte rimangono preziose tracce di memoria collettiva nelle raccolte di fotografi professionisti e dilettanti, che ne hanno fissato con dovizia di particolari le caratteristiche e le evoluzioni nel tempo.
Paolo Sorcinelli, IL TEMPO LIBERO
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Adesso è tempo di carnevale: Roma fa baldoria senza ritegno. Il carnevale è un fenomeno straordinario in Italia, e soprattutto a Roma: tutti senza eccezione scendono in strada, tutti senza eccezione sono in maschera. Chi poi non ha la possibilità di travestirsi rivolta il pellicciotto o si impiastriccia il muso di fuliggine. Per le strade viaggiano alberi e intere aiuole, spesso si fa largo un carro tutto foglie e ghirlande, con le ruote decorate di foglie e rami che, girando, fanno un effetto straordinario, e nel carro è seduto un gruppo nello stile delle antiche festività di Cerere o di un quadro dipinto da Roberti. Sul Corso per la farina sembra nevicato. Avevo sentito parlare dei confetti, ma non credevo proprio che fosse cosi bello. Figurati che puoi gettare in faccia alla piú carina, foss’anche una Borghese, un intero sacchetto di farina e lei non si arrabbierà, ma ti ripagherà della stessa moneta. Bellimbusti e gentiluomini spendono diverse centinaia di scudi solo per la farina. Le carrozze sono tutte, dalla prima all’ultima, mascherate. Servitori, vetturini, tutti sono in maschera. Dalle altre parti solo il popolo gozzoviglia e si traveste. Qui tutto si rimescola. Una libertà straordinaria, della quale tu saresti senza dubbio entusiasta. Puoi parlare e offrire fiori assolutamente a qualsiasi donna. Puoi addirittura salire in carrozza e sederti fra loro. Le carrozze vanno tutte al passo. E per questo spesso delle birbe, arrampicati sui balconi, possono gettare per interi quarti d’ora palline di farina a manciate e a secchi a chi è seduto in carrozza, il piú delle volte sulle signore, che si fanno male ma ridono, e si limitano a coprirsi molto graziosamente gli occhi con la mano e a pulirsi il viso. Per gli intrighi amorosi è un periodo straordinariamente felice. In mia presenza sono state allacciate innumerevoli relazioni delle piú romantiche con alcuni miei conoscenti e persino con alcuni nostri pittori fatta eccezione, ovviamente, per Durnov. Tutte le belle donne di Roma sono venute allo scoperto, adesso ce n’è una tal quantità che da dove siano spuntate fuori lo sa solo Dio. Sino ad ora non le avevo mai incontrate: non ne conoscevo neanche una. A proposito, hai consigliato Durnov di fare meno il cascamorto. No, il suo è un difetto incorreggibile. La sua finanziera accademica marrone, che credo ti sia ben nota, è stata rifatta: vi ha aggiunto non so che mostre, o risvolti, tipo velluto. Sono arrivati alcuni nuovi pittori, tutte persone dall’aria imponente, robusti, piú eleganti dei vecchi, ma l’unico ad avere del talento è Loganovskij, che conosci per i versi scritti da Puskin sul suo giocatore di svajka. (…) Mammetta scrive che anche da noi ci sono le maschere, per il suo onomastico sono venute molte persone mascherate che hanno interpretato benissimo i loro ruoli. Poi, come al solito, aggiunge un invito a tornare a Vasil’evka, e dice che il clima ucraino è lo stesso dell’Italia e che Kricevskij guarisce tutte le malattie senza eccezione. Tormenta terribilmente mia sorella perché si sposi, o almeno dalle parole quanto mai enigmatiche e confuse della lettera traggo questa conclusione. Sono quasi pronto a scommettere che proprio mentre ti scrivo questa lettera lei è già in chiesa sotto la corona. Ma basta annoiarti. Non ho piú niente da scriverti o meglio, tutto quello che resta bisogna o annusarlo, o guardarlo, e inebriarsene. Lo sai da te. Addio! Sii saggio e scrivimi. Addio. Dimentica quanto ti ho annoiato e ricorda solo quanto ti voglio bene, a te, al mio compagno di viaggio, che cammina spalla a spalla con me lungo tutta la strada della vita, da quella volta che hai mangiato per la prima volta il ribes a casa mia. Non esser pigro e scrivi, indirizza non alla poste restante, ma al mio appartamento (tutto al sole): Strada Felice n. 126. Ultimo piano.
Nikolaj Gogol’, dall’Italia
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Cosa posso dirvi ora del popolo romano? Adesso sono preso dal desiderio di conoscerlo a fondo, di penetrarne il carattere, li osservo in tutto, leggo tutte le opere popolari che lo ritraggono e vi dirò che, forse, è il primo popolo del mondo dotato in cosi gran misura di senso estetico, dell’innata capacità di comprendere quel che viene compreso soltanto da una natura ardente, alla quale il freddo, calcolatore, mercantile intelletto europeo non ha potuto imporre le briglie. Come mi sono sembrati rivoltanti dopo gli italiani i tedeschi, con tutta la loro meschina onestà e il loro egoismo! Ma di questo credo di avervi già scritto. Penso che anche voi abbiate già sentito molti tratti di spirito del popolo romano, quell’arguzia per cui un tempo erano celebri gli antichi romani e ancor piú il gusto attico dei greci. Qui non accade niente senza che nel popolo nasca una qualche facezia o un epigramma. Durante le celebrazioni e le feste per la nomina dei cardinali, quando la città è stata illuminata per tre giorni – e a questo proposito voglio dirvi che il nostro amico Mezzofanti è stato fatto anche lui cardinale e va a spasso con le calzette rosse – durante queste feste è stato quasi sempre brutto tempo. Nei primi giorni di carnevale, invece, le giornate sono state perfettamente italiane, quelle giornate chiare, senza la piú piccola nuvoletta, che conoscete cosi bene, quando sullo sfondo azzurro del cielo splendono i muri delle case, tutti illuminati dal sole, con un bagliore che l’occhio nordico non riesce a sopportare, e il popolo immediatamente ha coniato una battuta: “I dio vuol carnavale e non vuol cardinale”. Questo mi fa tornare alla mente una facezia che circolava l’anno scorso, quando il Papa vietò il carnevale. Sapete che l’attuale Papa, a causa del suo gran naso, è stato ribattezzato pulcinella; ed ecco la battuta:
“Oh! questa si ch’è bella!
proibisce il carnavale pulcinella!”
Nikolaj Gogol’ , dall’Italia
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L’uomo è uno e nessuno.
Porta da anni la sua faccia appiccicata alla testa e la sua ombra cucita ai piedi e ancora non è riuscito a capire quale delle due pesa di più. Qualche volta prova l’impulso irrefrenabile di staccarle e appenderle a un chiodo e restare lì, seduto a terra, come un burattino al quale una mano pietosa ha tagliato i fili.
Giorgio Faletti, Io uccido
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Avete fatto caso che l’ultima domenica di Carnevale i cimiteri sono un mortorio?
Antonio De Curtis, in arte Totò
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Festa di contestazione, di rottura, di rigenerazione sociale vissuta in un tempo ciclico di morte e di resurrezione, d’annientamento e di rinascita, il Carnevale esprime anche la voce dei gruppi sociali inferiori e l’opposizione della cultura popolare alle forme e alle immagini della cultura ufficiale.
Piero Camporesi, La maschera di Bertoldo
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Carnevale, giorno sempre triste per me che amo la quiete ed il silenzio
Edmondo De Amicis, Il soldato Poggio
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Siamo tanto abituati a mascherarci di fronte agli altri, che finiamo per mascherarci anche di fronte a noi stessi
François De Larochefoucauld
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Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero
Oscar Wilde
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Durante il Carnevale, l’uomo mette sulla propria maschera un volto di cartone.
Xavier Forneret, Senza titolo
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Datemi, o Signore, il senso del ridicolo. Concedetemi la grazia di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po’ di gioia e possa farne parte anche ad altri
Tommaso Moro
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È Carnevale e molta brava gente prova gusto a mascherarsi, nelle fogge più strane: invece, io provo una voluttà indicibile nel buttar via ogni maschera d’ipocrisia sociale: e spalancare il cuore, come uno sportello
Luigi Arnaldo Vassallo, Gli invisibili
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Una maschera ci dice di più di una faccia
Oscar Wilde
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L’intelligenza e la bontà preferiscono entrare in scena senza maschera.
A. Schnitzler
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Devo fabbricarmi un sorriso, munirmene, mettermi sotto la sua protezione, frapporre qualcosa tra il mondo e me, camuffare le mie ferite, imparare, insomma, a usare la maschera.
Emil Cioran