Klaas Huizing nel romanzo dedicato alla figura del bibliomane Johann Tinius, Il Mangialibri, propone una singolare equivalenza, nell’ordine del piacere, fra libri e amanti: «Se ci si può sfogare con i libri, allora essi non sono forse anche innamorate, anzi, amanti?». Inutile dire che questa prospettiva presuppone che la bibliomania sia una caratteristica essenzialmente maschile. Ecco alcuni degli enunciati:
Libri e prostitute si possono portare a letto.
Libri e prostitute: entrambi hanno un loro genere di uomini che vivono di loro e li maltrattano. I libri, i critici.
[…]
Ai giorni nostri Annie François descrivendo la propria passione per i libri si sofferma invece sugli odori: «Infatti esistono biblioteche altrettanto deliziose che esalano un odor di cantina, di muffa, di funghi, di muschio, di felci. Libri che odorano d’autunno, altri d’estate. Che profumano di gariga o di sottobosco. Deliziosi ma inquietanti profumi: troppo umidi o troppo secchi. […] C’è soprattutto, quel discreto odor di polvere. I libri l’amano e la calamitano. Essa li avvolge, li velluta. Inutile darle la caccia».
ALBERTO CASTOLDI, BIBLIOFOLLIA
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Ogni biblioteca è, naturalmente una pluralità di cose: «Maison d’artiste» come nel caso di Edmond de Goncourt o «Casa della vita», ma anche, in quanto prodotto dispiegato nel tempo di una serie di scelte che hanno presieduto alla collezione, una sorta di narrazione virtuale, destinata a racchiudere oltre a una serie di testi esemplari, anche la storia del loro collezionista, prigioniero delle sue scelte
ALBERTO CASTOLDI, BIBLIOFOLLIA
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Altre volte ancora il libro è il risultato di una sequenza di citazioni di testi diversi, come awiene nella singolare biografia di Winckelmann, Collectanea zu meinem Leben, in cui, un anno prima della morte, ripercorre la propria esistenza avvalendosi per l’appunto di citazioni da Aristotele, Sofocle, Plutarco ecc.: le citazioni non solo dicono la vita, ma divengono la vita stessa dell’autore. Il modello sono gli Essais di Montaigne, singolare libro che si nutre di altri testi. La biblioteca, comunque concepita, costituisce un universo a parte, consente al bibliofilo di stabilire un confine, un diaframma fra sé ed il resto della società, ma in modo affermativo: il bibliofilo coincide con la sua biblioteca, lo si può leggere e dunque possedere; lì è percorribile e dunque vulnerabile.
ALBERTO CASTOLDI, BIBLIOFOLLIA
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Mallarmé riteneva che all’intellettuale, e al poeta in specie, non restasse ormai altro da fare che scolpire il proprio nome sulla tomba, celebrando così un lutto che, iniziato agli esordi stessi della scrittura (per via del suo stesso statuto che la vuole inesorabilmente postuma), rinvia poi alla consapevolezza, questa sì tutta mallarmeana, del “gioco insensato di scrivere”. L’intellettuale si scopre abitante da sempre di un cimitero, quello della letteratura, ma al tempo stesso custode di questo mondo defunto, e quindi in una condizione di liminalità, sospeso fra vita e morte: si nutre vampiristicamente della scrittura defunta, e la riattiva facendola propria, pur sapendo in questa operazione di consegnare a sua volta se stesso a questo universo di morte. “Sottrarre” all’assenza la scrittura, farla nascere, significa esattamente come per gli esseri viventi, consegnarla alla morte, riaffidarla all’assenza: l’intellettuale fa da tramite fra due assenze.
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Già nell’ Anthologia graeca, come ricorda Robert Curtius nel suo celebre Letteratura europea e Medio Evo latino, la scrittura e il libro sono al centro di tutta una serie di procedimenti letterari volti alla loro tematizzazione in chiave metaforica: esistevano epigrammi sulle tavolette scrittorie, sulla cera spalmata sulle tavolette, sulla penna, e si metteva in guardia contro i tarli del libro. La vita stessa è paragonata a un volume che si srotola; d’altronde nell’ Apocalisse si prediceva che «il cielo si arrotolerà su di sé come un papiro». Nel Medioevo il martirio di san Cassiano, maestro di scuola, si traduce non metaforicamente nell’aggressione dei suoi allievi che gli spezzano le tavolette scrittorie sul capo e lo trapassano con le punte degli stili. Arrigo da Settimello paragona il volto umano a un libro: «Il volto è il libro e la pagina della realtà interna» (Internique status liber est et pagina vultus); e ancora: «Il cielo sia la pagina, le fronde lo scrivano, e l’onda / l’inchiostro: non potranno raccontare le mie pene» (Pagina sit celum, sint frondes scriba, sit unda / Incaustrum: mala non nostra referre queant). Il tema sarà ricorrente in Shakespeare («leggi sul volume della faccia del giovane Paride, / e trova la delizia che in esso ha scritto la penna della / bellezza», è detto nel Romeo e Giulietta). Ildeberto paragona invece il cuore a un libro, modellandosi su esempi collaudati: «Nel libro del cuore leggi tutto quel che vi hai di sporco; / non puoi leggerlo altrove così bene come là» (In libro cordis lege quicquid habes ibi sordis; / Non legis hoc alibi tam bene sicut ibi).
ALBERTO CASTOLDI, BIBLIOFOLLIA
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