Dediche, Le più Belle Dediche per chi Ami Scrivi Ora una Dedica, Regalo Meraviglioso a chi Ami! DEDICA una Frase! DEDICHE!
Dediche
Tante, tante cose vorrei dire che mi si affollano alla mente e mi si gonfiano in cuore – e che diventano fredde e sciocche nella carta.
Questo solo ti dico, che ti ho ancora e sempre dinanzi agli occhi, e ti accompagno in ogni ora della tua giornata, e sento che mi manca la più cara e la miglior parte di me stesso.
Come hai fatto a prendermi così?Quel viaggio che ho rifatto da solo, dopo averlo fatto insieme a te è stato una gran tristezza; ogni luogo, ogni pietra che abbiamo visto insieme mi ritorna dinanzi, e mi lega.
Le parole, gli atti, e il tono della voce.
Le parole che non dicesti e quelle che non osai dirti.
L’ombra che ti fuggiva nella fronte e gli occhi che guardavano lontano.
A te auguro un amico sincero.
Un abbraccio per ogni dispiacere.
Un sorriso per ogni lacrima.
Il sollievo ad ogni dolore.
Un sogno per ogni delusione
e momenti di consolazione.
Di sapere combattere con dignità.
Di non arrenderti alla prima avversità.
Di trovare nel buio della vita
una luce accesa.
Di saper ascoltare oltre al “sentire”
Di saper guardare oltre al “vedere”
Di trovare nella disperazione
la forza di continuare.
Stringendo i denti voltando pagina,
il coraggio di volare.
Ti auguro di saper cogliere
le piccole cose
di saperle vivere
di farlo intensamente.
Silvana Stremiz
Vi auguro sogni a non finire
la voglia furiosa di realizzarne qualcuno
vi auguro di amare ciò che si deve amare
e di dimenticare ciò che si deve dimenticare
vi auguro passioni
vi auguro silenzi
vi auguro il canto degli uccelli al risveglio
e risate di bambini
vi auguro di resistere all’affondamento,
all’indifferenza, alle virtù negative della nostra epoca.
Vi auguro soprattutto di essere voi stessi.
Jacques Brel
Non ricordo con sicurezza quando ci baciammo la prima volta. Nella mia fantasia era già successo infinite volte. Forse quella sera sotto il portone di casa mia, dopo la cena con le ostriche e il vino bianco. Sì, forse quella sera in cui, per la prima volta, mi chiedesti di salire.
Mi ricordo con esattezza, però, quando ho sentito, per la prima volta, che non avrei mai più amato nessuno dopo di te.
Pioveva. Come stasera. Un sabato qualunque nella capitale. Un sabato pomeriggio di shopping in uno dei tanti affollati centri commerciali, in compagnia di una coppia di amici, quelli che ci avevano fatto incontrare. Poi la corsa nel parcheggio sotto la pioggia, senza ombrelli.
Seduti sul sedile posteriore dell’auto, in coda per uscire dal parcheggio, ridevamo come ragazzini e non riuscivo a smettere di guardare i tuoi bellissimi occhi neri. Allungai una mano per spostarti dalla fronte un ricciolo bagnato, con un gesto che si trasformò in una lieve, impercettibile carezza, un gesto con cui mi consegnai completamente nelle tue mani.
E mi ricordo con esattezza la prima volta che le tue mani mi sfiorarono con delicatezza, infilandosi sotto la mia maglietta.
Non ricordo, invece, cosa c’eravamo andati a fare a Napoli quella domenica, forse a prendere le sfogliatelle calde da Scaturchio. Ricordo, però, il viaggio di ritorno in autostrada e il momento in cui scelsi quel luogo così poco romantico per dirti: “Ti amo.”
La felicità mista a terrore che lessi nei tuoi occhi l’avrei rivista ancora molte volte durante la nostra storia. E adesso che ci penso, l’ho rivista anche l’altra sera, l’ultima sera.
Quella notte mi sdraiai su di te, nel mio letto e dissi: “Guarda, sono proprio della tua misura.” Mi volevi ma avevi paura. Lo sentivo che avevi paura. Ti controllavi, non volevi lasciarti andare. Chi ti aveva fatto così male da farti tenere così lontano dall’amore?
La tua dolcissima
Piove. Sono qui nella stessa camera azzurra in cui ti ho visto l’ultima volta, per l’ultima volta, prima di perderti ancora.
Dalla finestra vedo il rampicante che si stringe all’arco di pietra e le luci morbide delle case di fronte, accese su velluti e tende preziose.
Sotto la stessa finestra quella sera hai aspettato qualche secondo che mi affacciassi per un ultimo romantico saluto. Ma io non mi sono affacciata, confusa dal tuo volermi e sfuggirmi al tempo stesso, appoggiata alla porta che avevi chiuso dietro di te per tornare alla tua vita, al tuo letto già scaldato da un’altra donna, la tua donna, la donna che ti ha accompagnato nella tua vita, fino a qui.
Sulle pareti della camera azzurra una mano creativa ha scritto, in uno stampatello un po’ infantile, frasi sulla felicità. Inseguire la propria felicità, senza rimandare, senza farsi fermare da paure e sensi di colpa, perché ognuno di noi ha il diritto di stare qui sulla terra e di cercare di essere felice. Ecco cosa mi gridano le pareti azzurre di questa stanza, come un cielo pallido, assolvendomi per aver inseguito, questa notte, tra le tue braccia, sulle tue labbra, la mia felicità.
Piove ancora, una pioggia sottile che batte leggera alle finestre. Schizzichea. Quante volte ho provato a spiegarti questa parola.
Sono qui nella stessa camera azzurra in cui l’ultima volta ti ho baciato, lievemente e a lungo, persa sulle tue labbra, come per lasciarti un segno di me, di noi, della nostra possibile felicità insieme, un ricordo cui attingere nei momenti di dubbio, di paura, quasi presagendo la fine, la fuga.
Al caldo del piumino, nella stessa stanza azzurra, con le scritte bianche sulla felicità, senza di te, guardo le stelle dalla finestra e desidero il tuo ritorno.
La tua dolcissima