Guarderò lo scintillio dei tuoi occhi puri
osservare la vita con candido stupore.
Amerò il tuo entusiasmo per le meraviglie che inseguirai.
Ti narrerò il nostro viaggio di uomini e
ascolterò i racconti di ogni tuo giorno magico.
Mi lascerò contagiare dalla freschezza della tua essenza.
Seguirò da lontano i tuoi passi
gioendo per le tue corse rapide
e trepidando per le cadute
nell’attesa di scorgere con cuore palpitante
che avrai imparato a rialzarti.
Sarai sempre per me il dono più grande
perfezione e imperfezione
fragilità e forza dirompente
semplicità e intricata via
tenero cucciolo e tigre feroce
purezza, fantasia.
Cercherò sul tuo viso quel sorriso
che rifulgente raggio di sole
scalda il mio cuore.
Per te le mie mani saranno forti
le mie gambe alberi fieri a cui aggrapparsi
il mio corpo scudo impenetrabile.
Per te crescerò insieme a te
lungo questo cammino
che insieme faremo, figlio mio.
Momo
Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l’acqua e la pelle tesa della pancia della mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie delle nostre paure? Riusciremo a volerti senza pretendere, a guardarti senza riempire il tuo spazio di parole, inviti, divieti? Riusciremo ad accorgerci di te anche dai tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla di sensi di colpa e di affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmodica o ricatto d’affetto?
Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni – segnale a volte sfaccati delle nostre assenze – ma di attenzioni. Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei più saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole le relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: così nasce il ricordo, la memoria più bella che è storia della nostra stessa identità.
Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da solo, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire vuoti, né pietire uno sguardo o un’ora d’amore. Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia. Adora la tua inquietudine finché avrai forze e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, soprattutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio con curiosità, rispetta anche la lora paura eccessiva. Mi piacerebbe che la persona che più ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell’orizzonte. E tu allora porterai quell’amore sempre con te, nascosto nella tua tasca più intima.
( Paolo Crepet)