Fermenta il cor’ bonario, e
Pargol’ giace, d’uman destino salvo.
Fogli, pensier d’alloro, codesto
il giorno, e chi di parole vien’ donato,
troppo fragili, di sabbie,
anch’esso di cenere vien fuori.
Tregua! Voi assassini, vili, pazzi,
e se ‘l ciel’ di ciò vi da forza,
ogni diurno, di festa innevato,
mutar converrebbe.
Ode a Pace Santa! Gioite,
umane stirpi, non v’è più,
di cercar riposo alle falci,
ma dalle stalle venite!
Bevete al cui v’inginocchiate,
Salvi! Salvi! L’odor pungente
del fumo dalle cappe e delle campane in festa!
L’andar dei fanciulli col nonno
a sventar schiuma all’uliveto,
pel’ Presepe, e seduti poi
accanto, vaghi sognando.
Cantar fra’ paesi s’andava,
e da noi marci, ciò fuor tira l’oro,
a filar i tralci per i cesti,
al giro di doni, saltellando i chirichetti.
L’abeti in fiamme, barlumi su biade,
sì’ beati al ciocco nel trono
ubriachi tonando allegri,
risparmiate ad oggi le nane.
Sangue di frantoiane, ch’illumina
il banchetto, ogni legno,
e su ognun d’esso pare,
biancastro il riso del padre dall’aere.
Sovvengon i pulcini, allo scoppiettar
di noci ne’ cesti, datteri e lenticchie,
fuori le maggesi, paion l’infinite distese
dormienti, su ruote di carri sospirando.
E’ Natale! L’impastar nella madia sgarra
dal suo fasto consueto, e forse non s’è
solo pel’ nuovo destino, ma pel’
nuovo cigolar lieto, l’Uom da solo
s’è salvato.