L’idea che gli altri vedevano in me uno che non ero io quale mi conoscevo; uno che essi soltanto potevano conoscere guardandomi da fuori con occhi che non erano i miei e che mi davano un aspetto destinato a rendermi sempre estraneo, pur essendo in me, pur essendo il mio per loro (un “mio” dunque che non era per me!); una vita nella quale pur essendo la mia per loro, io non potevo penetrare, quest’idea non mi diede più requie.
Come sopportare in me questo estraneo? Questo estraneo che ero io stesso per me? Come non vederlo? Come non conoscerlo?
Come restare per sempre condannato a portarmelo con me, in me, alla vista degli altri e fuori intanto dalla mia?
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
***
«Che fai?» mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.
«Niente,» le risposi, «mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.»
Mia moglie sorrise e disse:
«Credevo ti guardassi da che parte ti pende.»
Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda:
«Mi pende? A me? Il naso?»
E mia moglie, placidamente:
«Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.»
Avevo ventotto anni e sempre ho allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m’era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non hanno avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: che in altre parole sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzì come un immeritato castigo.
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
***
Io volevo esser solo in un modo affatto insolito, nuovo. Tutt’al contrario di quel che pensate voi: cioè senza me e appunto con un estraneo attorno .
Vi sembra già questo un primo segno di pazzia?
Forse perché non riflettete bene.
Poteva già essere in me la pazzia, non nego, ma vi prego di credere che l’unico modo d’esser soli veramente è questo che vi dico io.
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
***
Prima volli ricompormi, aspettare che mi scomparisse dal volto ogni traccia d’ansia e di gioia e che, dentro, mi s’arrestasse ogni moto di sentimento e di pensiero, cosi che potessi condurre davanti allo specchio il mio corpo come estraneo a me e, come tale, pormelo davanti.
«Su,» dissi, «andiamo!»
Andai, con gli occhi chiusi, le mani avanti, a tentoni. Quando toccai la lastra dell’armadio, ristetti ad aspettare, ancora con gli occhi chiusi, la più assoluta calma interiore, la più assoluta indifferenza.
Ma una maledetta voce mi diceva dentro, che era là anche lui, l’ estraneo, di fronte a me, nello specchio. In attesa come me, con gli occhi chiusi.
C’era, e io non lo vedevo.
Non mi vedeva neanche lui, perché aveva, come me, gli occhi chiusi. Ma in attesa di che, lui? Di vedermi? No. Egli poteva esser veduto, non vedermi . Era per me quel che io ero per gli altri, che potevo esser veduto e non vedermi. Aprendo gli occhi però, lo avrei veduto cosi come un altro?
Qui era il punto.
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
***
Siate sinceri: a voi non è mai passato per il capo di volervi veder vivere. Attendete a vivere per voi, e fate bene, senza darvi pensiero di ciò che intanto possiate essere per gli altri; non già perché dell’altrui giudizio non v’importi nulla, ché anzi ve ne importa moltissimo; ma perché siete nella beata illusione che gli altri, da fuori, vi debbano rappresentare in sé come voi a voi stessi vi rappresentate.
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
***
Lasciatemi dire un’altra cosa, e poi basta.
Non voglio offendervi. La vostra coscienza, voi dite. Non volete che sia messa in dubbio. Me n’ero scordato, scusate. Ma riconosco, riconosco che per voi stesso, dentro di voi, non siete quale io, di fuori, vi vedo. Non per cattiva volontà. Vorrei che foste almeno persuaso di questo. Voi vi conoscete, vi sentite, vi volete in un modo che non è il mio, ma il vostro; e credete ancora una volta che il vostro sia giusto e il mio sbagliato. Sarà, non nego. Ma può il vostro modo essere il mio e viceversa?
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
***