Esistono due Parigi.
La Parigi prostituita, violentata dagli sguardi dei turisti stranieri che sfilano in coda, uno dopo l’altro, per addentrarsi in una delle città più belle del mondo.
E la Parigi delle tentazioni che, stavolta, stupra tutti i corpi di coloro che hanno l’ardire di voler conoscere la sua dimensione autentica, che non figura su nessuna guida.
Il fatto è che ci sono certe città nel mondo che ti ubriacano perché non hanno uguali. Lasciano il segno, come i graffi che ti disegnano sulla schiena le unghie di un amante troppo focoso.
Parigi è più di una città museo con particelle di inquinamento sospese nell’aria…
Sono diventata una delle tante ombre che si aggirano per i marciapiedi di questa città, uno spettro condannato a vagare senza meta quando cala la notte, sotto i suoi lampioni, schiava del suo ritmo notturno. Giravo e guardavo e la mia partecipazione
ai suoi festeggiamenti notturni è divenuta sempre più assidua….
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie
***
Gli occhiali da sole mi proteggevano da quella luminosità così insolita per Parigi.
Mi piaceva la realtà virtuale che c’era dietro alle lenti scure. Era come osservare il mondo dall’esterno, incorniciato da una montatura che delimitava la mia stessa prospettiva, offrendomene un’altra, tutta interiore.
Non mi è mai piaciuto il giorno. Sono sempre stata un animale notturno e in qualche modo comprare quegli occhiali aveva significato riprodurre la notte che amavo tanto. Di fatto, avevo quasi fatto impazzire la commessa del negozio,
provandomene centinaia di paia con una smorfia insoddisfatta, spiegando di volere i più scuri che ci fossero in commercio.
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie
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In realtà, non c’erano tanti parigini in giro, perché d’estate migravano praticamente tutti come tanti pecoroni. Ma il peggio non era questo: la cosa orribile era, ed è, che quando decidevano di partire raggiungevano tutti le stesse destinazioni comprate a
Nouvelles Frontières, per ritrovarsi di nuovo tra loro, strillare e ricostruire in questo modo la loro piccola e irrinunciabile Parigi; anche se in un contesto esotico.
I rari sorrisi che si abbozzavano su alcune facce erano, dunque, sorrisi italiani, spagnoli, addirittura inglesi (sì, sì, persino gli inglesi sorridono, quando sono fuori dal loro paese, ovviamente).
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie
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Con Édouard avevo solo voluto fare esperienza, senza impegnarmi. Mi aveva attirato quel suo bel naso importante, all’insù e leggermente storto, in mezzo a una faccia magra, armoniosa e piena di simpatia, che sprizzava un senso di pienezza. Ma adesso, provavo il desiderio irrefrenabile di svignarmela.
Mentre Édouard si avvicinava, riconoscevo la sua andatura elegante, il sorriso sincero; l’immagine era ancora confusa, ma distinguevo ormai la mandibola sicura, rigidamente incastrata in un mento appuntito, gli zigomi alti, l’ovale del viso perfettamente tracciato da una mano d’artista. Era ancora un uomo minuto, ma il carisma che la sua faccia aveva sempre emanato era rimasto intatto. La notte della tenda, quando stava sopra di me, avevo imparato a memoria i suoi tratti; poi, con il tempo, si erano gradualmente cancellati dalla mia mente, ma adesso, tanti anni dopo, li ritrovavo tutti, come se li avessi osservati solo il giorno prima. Non era un ricordo lontano. Le lentiggini erano ancora tutte lì, forse un tantino più scure rispetto a quando era giovane. Ma le ciocche ribelli si erano ormai placate, aderendo al resto di una chioma che il tempo aveva ammansito.
La sua immagine divenne un po’ più nitida. Mentre lui avanzava, però, realizzai che mancava qualcosa in quell’armonia. Mancava il motivo per cui mi ero innamorata di lui. Mancava la simpatia della sua faccia, la sua impronta digitale, quella che lo
rendeva unico come essere umano. «Non sei cambiata per niente» mi disse a mo’ di saluto quando ormai eravamo a meno di un metro di distanza.
Non potevo dire altrettanto. Rimasi in silenzio. Non era lo stesso Édouard. Credo che abbia notato subito la mia delusione.
«Io sì, come vedi» aggiunse.
Era l’unica cosa che notavo.
«L’ho fatto perché per me era un complesso, come ben sai» mi spiegò, come
sentendosi obbligato a darmi una spiegazione. «E nell’ambiente medico in cui mi muovo, è facilissimo trovare un bravo specialista. E così, non ho esitato un solo istante.» Édouard continuava a parlare, dandomi una spiegazione coerente per una
mutilazione che per me era imperdonabile. Ero ancora immersa nei ricordi di
adolescente, e il mio silenzio diventò più che assassino. Gli ero entrata lì, dritta al cuore, spezzandolo senza pietà, come un coltello affilato che squarta la carne, con movimenti secchi e sicuri. Avevo appena tagliato il corpo di Édouard in due pezzi,
fiotti di sangue sgorgavano dalla sua pelle pallida per schizzare i quadri di natura morta appesi alle pareti del bar. «Non ho mai pensato che parlassi sul serio» dissi, dopo una lunga battuta d’arresto e con una respirazione nasale che faceva più rumore di un condizionatore d’aria.
Le mie parole caddero sul cadavere straziato di Édouard come la terra su una bara.
«Sembri delusa» commentò serio.
«No, dai! Sono felice di vederti» ribattei con l’intenzione di mettere fine alla questione.
Volevo chiudere l’argomento naso, ma lui voleva conoscere la mia opinione a tutti i costi.
«Non dirmi che così non è meglio» aggiunse, mettendosi di profilo perché potessi
contemplare la cartilagine perfettamente dritta.
«Accidenti! È proprio quello che si dice un profilo greco» esclamai, cercando di
fargli piacere. «Se era l’effetto che cercavi, l’hai raggiunto. Le mie congratulazioni al
chirurgo!» Ma non sono mai stata capace di mentire. Il tono della voce era il mio
peggiore nemico, e mi tradiva sempre. La persona che avevo davanti era un perfetto sconosciuto. Ma come confessarglielo? Ho sempre cercato di non ferire le persone, anche a costo di dire qualche pietosa bugia.
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie
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«Se una sera vuoi uscire, io conosco la città meglio di chiunque. Chiamami. Sono libero dalle nove in poi.» Presi il suo biglietto senza troppa convinzione e me lo misi
in tasca. Mi chiesi con stupore perché avesse cambiato comportamento all’improvviso.
Arrivai alla reception della mia umile pensione come una fuggiasca. Dopo aver lasciato nel bagno Édouard e il mio passato non sapevo dove andare. Ero arrivata lì in un taxi dopo aver attraversato mezza città, senza rendermene conto, come in cerca di aiuto, o semplicemente di una boccata d’aria. Quasi cercassi una casa o uno sguardo pulito. Desiderosa di riconoscere qualcuno per riconoscere me stessa.
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie
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La notte di Parigi rendeva affabile chiunque.
Mi fermai sulle scale e gli dissi, serissima: «Ho appena ucciso una persona, non mi guardare così». Il suo volto rimase impassibile, si limitò ad aggrottare appena la fronte. Io ero delusa perché in realtà non avevo ucciso proprio nessuno. Avevo semplicemente suicidato la ragazzina di quindici anni che portavo ancora sopita dentro di me.
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie
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Al centro di una stanza enorme c’era una tavola rotonda apparecchiata con una tovaglia rossa e un vassoio di frutta assortita: uva, mele, pere e alcuni frutti tropicali.
La gente gironzolava e di quando in quando prendeva un acino d’uva che mordeva con forza. Dalla polpa tenera del frutto usciva un succo dolce, denso e morbido.
Seguivo con lo sguardo la traiettoria dell’acino. Era il mio modo di assaporarlo. Ma non potevo conoscere il piacere provato da quelle persone. Forse il mio concetto di dolce era più dolce per loro. Forse l’acido della polpa era meno acido per quell’uomo
dal torace possente. E quella signora dalle tette cadenti e la cellulite sulle natiche forse non sopportava di mangiare uva perché il semino era troppo grosso per poterlo deglutire con la sua gola stretta
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie
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La notte donava a Parigi e ai suoi edifici. Il nero dona sempre a tutti. Per qualche ora la torre Eiffel smetteva di essere un groviglio di ferraglia ossidata per trasformarsi in un punto di luce. La Senna non lasciava più intravedere la porcheria verdognola
che galleggiava sulla sua superficie; sembrava invece un grande specchio che invitava a rimirarsi. I palazzi di Parigi, che erano indubbiamente di una favolosa bellezza durante il giorno, sembravano tramutarsi in scenari di favole orientali.
Persino il Beaubourg diventava quasi accettabile dal punto di vista architettonico, mentre la Défense gettava la sua ombra sui quartieri limitrofi della città. Forse era proprio questa l’essenza della felicità: sentire che ti appartiene qualcosa di bello e che
tu appartieni a esso.
La torre di Montparnasse, duecento metri di vanità, sembrava meno pretenziosa nella notte parigina. I suoi detrattori diventavano di certo più indulgenti dopo le dieci di sera.
All’alba, però, i doccioni di Notre-Dame sembravano trasformarsi in qualcosa di diabolico. Che brutti scherzi ci giocava il cervello quando entrava in funzione la fantasia! Proiettava le nostre paure più atroci, dando forme sataniche agli angeli
innocenti scolpiti nella pietra delle cattedrali. Se si guardavano attentamente, le teste dei doccioni si allungavano per ballare su una città i cui ponti si trasformavano all’improvviso nei tentacoli di un polipo gigantesco che intrappolava i nottambuli. E se finissimo tutti per diventare pàté di carne umana, senza conservanti né additivi, per doccioni affamati?
L’Ile de la Cité, malgrado tutto, continuava a galleggiare tranquillamente sulla Senna, isolata per sempre dal resto della città
PARIS LA NUIT * Tasso Valérie