Non scorderò mai quel giorno in cui le tue mani hanno toccato le corde di quella chitarra, era come se mi sfioravi il cuore, quella melodia che avevi scritto per te stessa, e che per gioco l’hai chiamata Elisabeth, e io ti dissi “si scrive Elizabeth” e facevi il musetto da arrabbiata, e diventavi rossa dalla vergogna, come il primo giorno che ci siamo incontrati, sotto quelle luci che accompagnavano la musica del locale, come loro ballavano affianco a te, tu ballavi vicino a me, un Angelo che nascondeva le sue ali, che voleva volare sul mondo, su tutti, un Angelo dai mille nomi d’arte.
E più passavo il tempo con te e più il mondo mi sembrava facile, con te tutto rideva, con te tutto era leggero, eri la pittrice della mia vita, la musa dei miei spartiti, l’acqua che mi teneva in vita, la tua anima era il sangue che faceva battere il mio cuore, con te il mio cuscino non si bagnava mai, la notte era una piuma leggera che mi portava nell’aria, e la mattina splendeva sempre con un bel sole, anche se pioveva, perché sapevo che ti avrei rivista e la tua luce nascondeva il grigio dalla mia vista..
Ma ora senza di te è tutto cambiato, tu e la tua maledetta ossessione di farla finita, quel cappio al collo ti ha portata via da me, ed io ho sofferto, non hai saputo mantenere la promessa, quella famosa frase che mi hai sussurrato nel letto a casa tua, che non mi avresti lasciato da solo, e che mi avresti difeso su ogni cosa, maledetta te, che hai fatto della mia vita il buio, hai distrutto le mie mattine, le vedo brutte e grigie anche se splende il sole, e queste lacrime che hanno bagnato il cuscino tutte le notti, sgorgano come lame dai miei occhi, facendoli sanguinare, e quando in casa era tutto vuoto io gridavo come un pazzo, perché tu mi hai lasciato in mezzo ai miei problemi, senza nessuno che mi curasse il cuore come facevano le tue risate, la voglia di stringere il tuo corpo mi fa tremare le mani, la voglia di sentirti ridere, e sgridarti quando piangevi, di coccolarti quando eri triste, e di accarezzare la tua schiena quando eravamo a letto insieme, quella sofferenza che davanti allo specchio del mio bagno mi faceva male, un dolore impossibile, il mio corpo si apriva e i miei organi cadevano sul pavimento, freddo e sporco, l’odore del sangue, l’odore della morte che mi guardava con sorriso beffardo, si divertiva mentre io piangevo, era lì che aspettava il mio gesto…
E sapere di amarti mentre tu eri sepolta sotto quel manto di terra mi lacerava lo stomaco, mi mancavi piccola, per 7 lunghi anni ho fatto finta di averti qui, la notte ti sentivo appoggiata alla mia schiena, nel mio letto, e io mi giravo nella speranza di vederti, ho tentato di raggiungerti ma sono stato molto più forte di te, sono ancora qui, ad affrontare la mia vita schifosa, piena di di stronzi e anime in pena, che mi hanno abbandonato e giudicato, ma io a differenza tua ho mantenuto la mia promessa, quella che mi avevi chiesto, volevi vedermi firmare il mio nome sul mondo, e io sto lottando per farlo, lo faccio per me, per la mia passione, per il tuo spirito!
Ma ora è tutto ok, tutto procede, e sono guarito dalla tua ossessione, anche se ogni giorno guardo negli occhi ragazze diverse, per la speranza di trovare un’altra te, so che mi stai vicino, e che mi stai guardando, so che anche da morta puoi trasformare le mie mattine in quadri colorati, che il tuo cuore batte anche senza che io lo veda, so che mi ami ancora, so che un po’ ti amo anche io….. Che non mi lascerai mai, che manterrai l’ultima frase della tua promessa, e io ne ho la prova…. Riposa in pace mia piccola mora!
(Dedicato a Elisabetta, ispirato al brano Elisabeth di Ejay Ivan Lac)