Vi parlerò del circo alla mia maniera, con gli occhi di bimba. Ho trovato in una periferia un vecchio circo, tendoni sbiaditi, strana gente indaffarata, qualche stanco ruggito. Nomadi, guitti, seri nei loro ridicoli costumi brillanti, alle prese con il bucato o comuni lavori di ogni giorno. Cercavo di capire come questa tribù di saltimbanchi trovasse la forza ogni sera alle 21 di essere baldanzosi, allegri sotto una sferzante luce, volteggiare, strappare una risata quando il nanetto fa lo sberleffo al clown. Se pensi al retroscena è triste, ma i miei occhi di bimba osservavano il fantastico, quale posto migliore dove sognare. Mi vedo seduta sulla seconda panca, col fiato sospeso seguo l’acrobata sul filo ed è subito allegria, immaginazione, emozione, non solo dei piccoli. E’ il reale e il fiabesco, il pagliaccio nel suo essere artista slega la sua interiorità reale e si trasporta nella fantasia, quella dove tutti vogliamo trovarci, solo per scoprirla si deve tornare fanciullo. Adulta sono tornata al circo, divertente, finito l’ultimo spettacolo sono uscita, le persone si affrettavano nell’andar via, era freddino, fra le vecchie giostre li vicino abbandonate mi è sembrato di scorgere, cavalli di legno che fuggivano via, verso la libertà, quella libertà che i circensi ogni sera si conquistano con i nostri sorrisi.
(Mirella Narducci)