Su quella montagna, guardavo quel sentiero illuminato da un pallido sole, le nuvole stavano per disegnare un temporale, e il vento faceva gridare gli alberi…
E gli umani, che fuggivano dalle loro città, gli umani, tutti insieme che camminavano in quel sentiero, ammassati e amareggiati, il viso sporco e quelle poche valigie distrutte, i carri e le auto scassate, portavano i loro ultimi averi, e da lontano, guardando da quella montagna, il fumo e le fiamme di quelle città, avevamo distrutto tutto, avevamo ucciso i nostri simili…
Io preferivo restare su quella montagna a guardare la loro marcia, e dalle colline, gli animali li guardavano, e se li guardavi negli occhi, era come se ridessero di noi, i loro sguardi, i loro occhi, dicevano (Stupidi, esseri inutili, vi meritate anche di peggio) ed io, io non volevo far parte di quella marcia, perchè sapevo che primo o poi, tutto questo sarebbe successo…
Tre volpi, uscirono da dietro un cespuglio e mi guardavano intensamente, era come se dicessero (Non staranno qui adesso? vero?) e io gli risposi, che non se la sarebbero cavata, che sarebbero morti tra un paio di mesi!
Dietro di me, la mia principessa mi abbracciò, e con una lacrima sul viso disse che quella, era la marcia più triste e imbarazzante che l’umanità potesse fare…
La presi dalle mani e gli dissi, torniamo al nostro villaggio, chi ci ha ascoltato aspetta il nostro ritorno!
Così le volpi ritornarono a fissare i nostri simili, e noi, mano per la mano, illuminati da un raggio di sole, tornammo al nostro popolo, che ascoltava la terra e l’anima del nostro pianeta malato…
Lei mi guardò negli occhi e disse: (Ora, tornerà a respirare)
(Ejay Ivan Lac)