Tentiamo una definizione: lo scrittore è colui che è sommamente, eroicamente incompetente di letteratura.
Giorgio Manganelli
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L’idea di fondo, cioè che «l’innamorato scrive troppo e male», mi pare sana.
Giorgio Manganelli
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“Ho avuto una vita breve e intensa, ho combattuto il dio Sole di Ekhnaton e riportato l’Egitto ai suoi vecchi dei, quelli di Tebe.
Ma non ero un teologo, solo un bimbo ubbidiente.
Sono morto a 18 anni, faraone da otto. Un faraone di dieci anni.
Mi distolsero dai giochi rumorosi dei cortili lungo il Nilo, dalle passeggiate mattutine e dalle gite in barca; mi tolsero di mano le navi in miniatura e mi fecero monarca.
Voi pensate sia stata una responsabilità eccessiva per un ragazzo? Il trauma della regalità? Non so, ma non direi. Fare il re era un gioco enorme, massiccio, lussuoso, di pietre gigantesche, obelischi, piramidi e disegni astratti.
Ma non fui mai un sovrano come gli altri. Tutti loro erano stati vivi, supposti vivi, e gli era stato concesso di avere un corpo, febbri infantili, membra mobili, vesti che consentissero la corsa, soffitti che non sembrassero una bara.
A me non toccò nulla di tutto ciò. Per tutta la mia breve vita fui preparato all’unico scopo che fosse degno e congruo a me: la morte. Ed è in grazia di quella mia morte che io ora sono vivo, per quanto sia possibile esserlo in questo luogo”
Le interviste impossibili. Giorgio Manganelli intervista “Tutankhamon”
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“Da tempo nel nostro regno si discute se estendere le rovine fino a fare di ogni cosa una rovina, così da fare di tutto un luogo edificante e illuminante; di ogni sasso una colonna dorica, di ogni cane un ippogrifo; insomma bagnando tutto il presente in un bagno infinito di storia, oppure se non si dovrebbe finir di mandare a rovina le rovine, e, diciamo così asfaltare l’intero pianeta, così da farlo pulito, lucido, come un teschio, una biglia, un occhio di pesce … Noi crediamo che il suo intervento sia destinato ad essere illuminante, decisivo…”
Le interviste impossibili. Giorgio Manganelli intervista “DIO”
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Enea, tapiro elettrico, l’Acheronte attraversato, la grande pista incisa strada per caviglie e ciance; l’occhiale stolto indaga la sapiente barba; bufera sindacale sul Giappone in crisi, oleosi balzelli, domeniche ingrugnite, barba di successo.
Perché mai avrò scritto queste fanfaluche? Mah, sono cose da lasciare leggere ai posteri, che ci vedranno tutto e il contrario di tutto; se non che ho l’impressione che codeste strofette in qualche modo mi riguardino. Chi sarà mai questo «tapiro elettrico»?
Le interviste impossibili. Giorgio Manganelli intervista “NOSTRADAMUS”
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In generale gli scrittori sono convinti di essere letti da Dio.
Giorgio Manganelli
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Finché c’è al mondo un bimbo che muore di fame, fare letteratura è immorale.
Giorgio Manganelli
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