Le tue parole emanavano un odore pungente, vivo. Un odore di terra, di polline, e di sudore. Sei splendida quando gioisci, quando ti rotoli nei campi di papaveri o mi getti addosso le spighe dell’avena. Un’antemide bianca e gialla ti si è impigliata fra i capelli e per un momento ho provato una fitta di infelicità perché non potevo togliertela e nemmeno farti da “scaletta” con le mani perché potessi arrampicarti sulle terrazze. E i graffi che non mi sono fatto, le punture che non mi sono preso, il tuo sudore che non ho leccato. Ti scrivo soltanto e ne ho già nostalgia
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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E’ una legge non scritta: chi vuole starmi vicino deve assumersi la responsabilità della mia anima. Perchè qualunque idiota può capire come sia facile uccidermi. Uno sguardo ben mirato basterebbe. Sono convinto che da qualche parte, dentro me, c’è un punto vulnerabile che chiunque, anche uno sconosciuto, può vedere e colpire. Eliminarmi con una parola.
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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Anche solo immaginare il tuo modo di parlare mi calma. E mi rende felice. Mi scorre nel corpo come una medicina, facendoti gorgogliare dentro di me. Non smettere. Non smettere mai
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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E’ la sofferenza che rende felici? Non so. A me sembra nocivo. Non è felice, è una sorta di lamento, un po’ folle. Come il latrato di un cane che sente un flauto e impazzisce. E’ un suono che mi viene strappato, quasi contro la mia volontà (come l’occhio viene attirato dalla tragedia), fino a diventare molesto e opprimente. Allora, talvolta, provo persino rabbia nei tuoi confronti.
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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Forse non ti capisco, forse sei completamente diversa da come ti immagino. Dopotutto io ti spio attraverso delle fessure e mi invento una storia che magari è soltanto immaginaria. (Sai cosa non è immaginario? Quello che il mio corpo ti sta dicendo in questo momento.) Eppure ho la sensazione che ogni cosa che mi racconterai – persino ciò che a un primo sguardo potrà sembrarmi contraddittorio, e mi colpirà con inconsueta durezza – so già che in seguito la capirò.
Capirò quanto sia giusta per te e radicata in te, nel tuo profondo, tanto da divenire legge.
Sono anch’io così per te?
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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Anni fa pensavo di sottoporre ogni donna attraente a un particolare esame per stabilire se sarebbe stata la “donna della mia vita”.
Pensavo che l’avrei guardata profondamente negli occhi, avvicinandole il viso. Più vicino, sempre più vicino, finché il mio occhio avrebbe toccato il suo. Proprio toccato. Non solo le ciglia o le palpebre, ma i globi oculari, l’iride e i dotti lacrimali. Naturalmente sarebbero subito sgorgate le lacrime. Il corpo è fatto così. Ma noi non avremmo ceduto, non ci saremmo arresi ai riflessi condizionati e alla burocrazia del corpo finché non fossero emerse le immagini più offuscate e remote delle nostre anime. Questo voglio ora. Vedere l’oscurità che c’è nell’altro. Perché accontentarsi, Myriam? Perché non chiedere, per una volta, di poter piangere con le lacrime di un altro?
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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Che è un peccato che tu e io non possiamo essere amici.
Semplicemente amici. Un’amicizia sincera, come tra due uomini. Sul serio, perché non sei un uomo? Risolverebbe un sacco di problemi: ci
saremmo incontrati ogni tanto in un bar o in qualche tavola calda.
Avremmo bevuto della birra, parlato di scopate, lavoro, politica. Il venerdì pomeriggio saremmo andati a vedere una partita di calcio con altri amici. Di sabato, gite con le rispettive famiglie. Facile.
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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In tanti anni insieme ci siamo fusi l’uno nell’altra, e a volte mi sento come se avessimo assunto un terzo sesso, quello del matrimonio, e i nostri corpi, ormai disciolti l’uno nell’altro, fossero diventati il punto di approdo della passione, non più il mezzo per soddisfarla. Siamo ormai la stessa carne
Che tu sia per me il coltello, David Grossman
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