La fotografia è il nostro esorcismo. La società primitiva aveva le sue maschere, la società borghese i suoi specchi, noi abbiamo le nostre immagini. Crediamo di costringere il mondo con la tecnica. Ma attraverso la tecnica è il mondo che s’ impone a noi, e l’ effetto sorpresa di questo capovolgimento è davvero considerevole. Crediamo di fotografare una determinata scena per semplice piacere – ma in effetti è lei che vuole essere fotografata. Non siamo altro che la comparsa della sua messinscena. Il soggetto non è che l’ agente dell’ ironica apparizione delle cose. L’ immagine è il medium per eccellenza di quell’ enorme pubblicità che si fa il mondo, che si fanno gli oggetti – costringendo la nostra immaginazione a cancellarsi, le nostre passioni a travestirsi, rompendo lo specchio che tendevamo loro, del resto ipocritamente, per captarli. Il miracolo, oggi, è che le apparenze – da molto tempo ridotte a una schiavitù volontaria – si rigirano verso di noi e contro di noi, sovrane, tramite la stessa tecnica di cui ci serviamo per espellerle. Esse arrivano d’ altronde proprio adesso e qui dal loro luogo, dal cuore della loro banalità, fanno irruzione da ogni dove, moltiplicandosi da sole con allegria. La gioia di fotografare è un’ allegria oggettiva
JEAN BAUDRILLARD, È l’oggetto che vi pensa
Il desiderio di fotografare nasce forse da questa constatazione: visto da una prospettiva d’insieme, dal punto di vista del senso, il mondo è molto deludente.
Osservato nel particolare, e di sorpresa, è sempre di un’evidenza perfetta
JEAN BAUDRILLARD Vanishing point
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lA FOTOGRAFIA ha un carattere ossessivo caratteriale, estatico e narcisistico.
È un’attività solitaria.
L’immagine fotografica è discontinua, puntuale, imprevedibile e irreparabile, come lo stato delle cose in un momento dato.
La solitudine del soggetto che fotografa, nello spazio e nel tempo, è correlata alla solitudine e al suo silenzio caratteriale.
JEAN BAUDRILLARD, Vanishing point