Difficile quest’anno augurare Buona Pasqua: ipocrisia, buonismo e retorica sono dietro l’angolo.
Pasqua è mistero di resurrezione e riecheggia il senso della rinascita e della rigenerazione, presente, prima ancora dell’avvento del Cristianesimo, nelle tradizioni pagane antiche come nelle simbologie dei popoli di tutto il mondo. L’uovo stesso che ci doniamo, è rappresentazione materica di quel che nasce, è forma per eccellenza della vita e della sua sacralità, unione di cielo e terra per le cosmogonie antiche, simbolo di una ciclicità nella quale, dopo la morte, fatalmente e finalmente, giunge ancora la vita.
Quanta morte in queste settimane di Quaresima che stiamo per lasciarci alle spalle: non solo la morte di chi è mancato, ma la morte mai così fotografata dai media, nelle file di bare, nei cimiteri, nelle immagini, per molti anche traumatizzanti, delle terapie intensive. E poi la morte imminente, paventata o temuta, dell’economia, di un certo stile di vita, la morte del cosiddetto mercatismo, la morte del senso di appartenenza ad un sogno europeo che forse potrà essere risognato o forse no, la morte della globalizzazione come è stata gestita sino ad oggi. E ancora la morte delle relazioni e dei contatti come li abbiamo conosciuti, la paura della morte delle libertà di movimento e di espressione. La morte persino della tutela dei diritti costituzionali, secondo alcuni. La morte della sicurezza e della stabilità vere o presunte che fossero. La morte: mai cosi presente da decenni nella nostra società e nella nostra cultura. La morte, grande dimenticata dei nostri pensieri su di noi, è tornata come la fata Carabosse al Battesimo di Aurora a ricordare la sua presenza a chi non l’aveva invitata alla festa.
Persino la scelta ecclesiastica di esporre virtualmente la Sacra Sindone sembra essere di nuovo rappresentazione della morte, sebbene collegata al mistero del suo superamento. Un sudario dove restano le impronte di chi poi risorgerà.
Credo che la Pasqua di quest’anno sia esattamente questo: un sudario su cui imprimere le proprie fattezze, quelle vere, quelle autentiche, in attesa che risorgano. E allora giunge la riflessione: affinché la resurrezione si compia, la storia misterica ci insegna che ci vogliono due ingredienti, antitetici.
La morte e la fede: un’ossimoro concettuale che tiene insieme la fine e l’inizio, inestricabilmente collegati, così che non è possibile risorgere se non si muore, non si può morire per risorgere senza la fede in qualcosa che non si vede, e di cui non si ha garanzia alcuna.
Allora questa Pasqua è la miglior Pasqua che ci potesse capitare; non per tutte quelle storie sull’importanza dello stare in famiglia, del ritrovarsi e così via. E’ innegabile che stare chiusi in casa mentre fuori la primavera chiama, sia un supplizio, come spesso e volentieri è pure un supplizio la convivenza forzata con la famiglia, al pari della solitudine di chi la famiglia non ce l’ha.
Non raccontiamoci storie buoniste a cui nessuno in fondo crede. Diciamoci piuttosto che questa Pasqua è veramente una croce, ma a quanto pare, per quel che ne sappiamo finora, la Croce è stata l’unica via, o quantomeno quella che ci è stata tramandata e dunque è potente per l’inconscio collettivo, per la Resurrezione, a patto che ci fosse la fede. Fede dal latino fides, dal greco feithè, da pheithomai: avvinco, lego, per traslazione mi fido, infine credo. Avere fede è prima di tutto essere avvinti, restare avvinti, come l’edera al suo muro, come il neonato al seno della madre. Allora per risorgere bisogna morire completamente restando avvinti alla vita.
Lo sanno bene le piante come si fa a morire ogni inverno, restando avvinti alle radici nel lasciar cadere tutte le foglie secche per fare posto alle nuove che verranno.
Così il mio augurio per Pasqua è questo: una vera morte, di tutto ciò che deve morire, un vero incontro con la morte che non è affatto una cosa semplice, né bella, né facile, ma è vera, drammatica e potente.
E contemporaneamente una nuova fede, la forza di restare avvinti alla vita nel suo germoglio più piccolo, alla vita dentro di sé, alla verità oltre tutte le bugie che ci siamo e ci hanno raccontato.
Morte e Fede, per risorgere, presto.
Buona Pasqua a tutti e a tutte.
Erica F. Poli