Vi capita mai di restare incollati davanti al televisore e guardare un programma orrendo?
Quei rumori striduli, quei colpi di pistola urtano i nervi.
Eppure non vi decidete a spegnere.
Perché infliggersi una tortura del genere? Non sarebbe meglio chiudere le finestre? Avete paura di stare soli, del vuoto e della solitudine che potreste incontrare rimanendo a tu per tu con voi stessi?
Guardando un brutto programma alla tv, noi diventiamo quel programma.
Noi siamo quello che proviamo e percepiamo. Se ci arrabbiamo, siamo la rabbia. Se amiamo, siamo l’amore. Se contempliamo la cima di un monte ricoperto di neve, siamo la montagna. Possiamo essere ciò che vogliamo.
Allora perché spalancare le finestre a spettacoli di bassa lega prodotti da chi specula sull’emotività della gente, e che ci fanno venire le palpitazioni, ci fanno stringere i pugni e ci lasciano svuotati?
Chi permette che vengano trasmessi programmi del genere, anche per un pubblico di giovanissimi?
Noi!
Siamo troppo passivi rispetto a quello che ci propina lo schermo, troppo soli, troppo pigri o annoiati per crearci una vita tutta nostra. Accendiamo il televisore e lo lasciamo acceso, permettendo a qualcun altro di guidarci, plasmarci, distruggerci.
Lasciarci andare in questo modo significa mettere il nostro destino in mano a gente senza scrupoli. Dobbiamo saper riconoscere quali programma fanno male al nostro sistema nervoso, alla nostra mente e al nostro cuore, e quali invece ci fanno bene.
Naturalmente, non mi riferisco solo alla televisione. Quante altre esche sono tese ovunque, dagli altri e da noi stessi?
Thich Nhat Hanh – La pace è ogni passo
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Se la scuola fosse più efficace, la televisione non sarebbe tanto potente.
John Condry, Ladra di tempo, serva infedele
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Quando nel 1954 la televisione italiana iniziò le sue trasmissioni regolari, «La Domenica del Corriere» le dedicò una copertina di Walter Molino secondo lo stile tipico di quel settimanale popolare che consisteva nel catturare un frammento di realtà e, con una coloritura romanzesca, elevarlo a dignità allegorica. È un disegno di sconcertante lungimiranza. Ritrae una tipica famiglia italiana appartenente al ceto medio-alto; lo si intuisce dall’arredo del tinello, dal quadro appeso alla parete, da un libro e da un pipa sparsi sul pavimento, dall’abito del padre. Da pochi giorni il televisore dev’essere entrato in quella casa sconvolgendo le tranquille consuetudini di vita, prima fra tutte quella della collocazione dell’apparecchio (è troppo vicino rispetto a chi guarda). È una scena di stupore: al centro i due maschi che si abbandonano all’esultanza più incontrollata per un atleta – un portiere di calcio, che plasticamente afferra un tiro insidioso; ai lati le donne, curiose e appena distratte da altri compiti (la madre, protetta da un grembiule, ha un forchettone in mano e sullo sfondo bolle una pentola; la figlia sembra aver abbandonato momentaneamente un libro). All’inizio dell’anno (dopo un periodo sperimentale) questa scena va moltiplicata per 24.000 (tanti sono gli abbonati); alla fine per circa 90.000. Dieci anni dopo il numero degli abbonati supera abbondantemente i 5 milioni.
Ma è anche una scena illuminata da una serena gioia. Niente a che vedere con la letteratura «apocalittica» che di lì a poco si sarebbe scatenata contro il nuovo mezzo ritenuto, quanto meno, funesto strumento di perdizione (una eco di quella diffidenza si riscontra ancora oggi fra gli storici che continuano, stranamente, a ritenere la televisione uno strumento non sufficientemente rappresentativo delle sorti del paese).
ALDO GRASSO, Storia della televisione italiana
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La televisione è insieme specchio e ànfora di un paese; riflette le sue caratteristiche ma dà anche forma, con una forte propulsione, a un sistema di relazioni sociali. Con i suoi palinsesti, infatti, la televisione raffigura non solo i propri contenuti, i propri modelli, le proprie strategie ma disegna i tratti di una comunità immateriale, simbolica: pescando nel grande serbatoio dei «luoghi comuni» di una nazione («topoi», mitologie, apparati retorici, stili, iconografie, tradizioni, personaggi, eventi) crea un’immagine «caratteristica» di un paese. Nello stesso tempo, la televisione è una sorta di grande orologio che scandisce, attraverso le sue rappresentazioni, i suoi ritmi, i suoi appuntamenti forti, le abitudini di ascolto condivise dall’intera popolazione e favorisce una sorta di unificazione all’interno di un tessuto sociale che non disdegna di rivelare le sue trame. La televisione è una potente risorsa simbolica che sa anche convertirsi in uno spazio di identificazione, rispecchia i mutamenti della società dopo aver alimentato le condizioni di questi mutamenti. Insomma, la televisione è un bestiario fantastico, popolato non da Sirene e Onocentauri ma da molti personaggi improbabili che pure ci pare di incontrare ogni giorno, ma anche un enorme serbatoio di memoria: il materiale degli archivi televisivi costituisce ormai una fonte storica di eccezionale rilevanza.
ALDO GRASSO, Storia della televisione italiana
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La tv tiene unite molte più coppie di quanto non facciano i bambini o la chiesa.
Charles Bukowski
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Un giorno dissi al cardinal Martini: ma non si può scomunicare la televisione, non si possono mandare al rogo un pò di quelli che la fanno?
Indro Montanelli
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La televisione ha concesso a una moltitudine di individui la grazia di reputarsi intelligenti, cosa che i libri non avevano ottenuto in trenta secoli di scrittura. Ha anche prodotto una massa di dementi, operazione che i libri non erano mai riusciti a compiere.
Francesco Burdin, Un milione di giorni
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La maggior parte degli adulti, per loro stessa ammissione, guarda la televisione “per divertimento”. La maggior parte dei bambini, pur trovandola divertente, guarda la televisione perché cerca di capire il mondo.
John Condry, Ladra di tempo, serva infedele
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La televisione è un mezzo di intrattenimento che permette a milioni di persone di ascoltare contemporaneamente la stessa barzelletta, e di rimanere ugualmente sole.
Thomas Eliot, in New York Post
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Trovo che la televisione sia molto educativa. Ogni volta che qualcuno l’accende, vado in un’altra stanza a leggere un libro.
Groucho Marx
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La vita potrebbe essere divisa in tre fasi: Rivoluzione, Riflessione e Televisione. Si comincia con il voler cambiare il mondo e si finisce col cambiare i canali.
Luciano De Crescenzo
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Quel che c’è di veramente grande in questo paese è che l’America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca Cola, sai che anche il Presidente beve Coca Cola, Liz Taylor beve Coca Cola, e anche tu puoi berla.
Andy Warhol
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