Il pastorello si sveglia all’improvviso. In cielo v’è una luce nuova: una luce mai vista a quell’ora. Il giovane pastore si spaventa, lascia l’ovile, attraversa il bosco: è nel campo aperto, sotto una bellissima volta celeste. Dall’alto giunge il canto soave degli Angeli.
– Tanta pace non può venire che di lassù – pensa il pastorello, e sorride tranquillizzato.
Le pecorine, a sua insaputa, l’hanno seguito e lo guardano stupite.
Ecco sopraggiungere molta gente e tutti, a passi affrettati, si dirigono verso una grotta.
– Dove andate? – chiede il pastorello.
– Non lo sai? – risponde, per tutti, una giovane donna. – È nato il figlio di Dio: è sceso quaggiù per aprirci le porte del Paradiso.
Il pastorello si unisce alla comitiva: anch’egli vuole vedere il Figlio di Dio. A un tratto, si sente turbato: tutti recano un dono, soltanto lui non ha nulla da portare a Gesù. Triste e sconvolto, ritorna alle sue pecore. Non ha nulla; nemmeno un fiore; che cosa si può donare quando si così poveri?
Il ragazzo non sa che il dono più gradito a Gesù è il suo piccolo cuore buono.
Ahi! Tanti spini gli pungono i piedi nudi. Allora il pastorello si ferma, guarda in terra ed esclama meravigliato: – Oh, un arbusto ancor verde!
È una pianta di agrifoglio, dalle foglie lucide e spinose.
Il coro di Angeli sembra avvicinarsi alla terra; c’è tanta festa attorno. Come si può resistere al desiderio di correre dal Santo Bambino anche se non si ha nulla da offrire?
Ebbene, il pastorello andrà alla divina capanna; un ramo d’agrifoglio sarà il suo omaggio.
Eccolo alla grotta. Si avvicina felice e confuso al bambino sorridente che sembra aspettarlo.
Ma che cosa avviene? Le gocce di sangue delle sue mani, ferite dalle spine, si trasformano in rosse palline, che si posano sui verdi rami dell’arbusto che egli ha colto per Gesù.
Al ritorno, un’altra sorpresa attende il pastorello: nel bosco, tra le lucenti foglie dell’agrifoglio, è tutto un rosseggiare di bacche vermiglie.
Da quella notte di mistero, l’agrifoglio viene offerto, in segno di augurio, alle persone care.
G. Marzetti Noventa
*
Le foglie dell’agrifoglio, del vischio e dell’edera riflettevano la luce come tanti piccoli specchi
Charles Dickens, Canto di Natale
*
Da un agrifoglio colorato appeso ad un lucernario. Profumo di biscotti allo zenzero.
E per me era già Natale.
Stephen Littleword, Aforismi
*
L’agrifoglio
Sul, limitare, tra la casa e 1’orto
dove son brulli gli alberi, te voglio,
che vi verdeggi dopo ch’io sia morto,
sempre, agrifoglio.
Lauro spinoso t’ha chiamato il volgo,
che sempre verde t’ammirò sul monte:
oh! Cola il sangue se un tuo ramo avvolgo
alla mia fronte!
Tu devi, o lauro, cingere l’esangue
fronte dei morti! E nella nebbia pigra
alle tue bacche del color di sangue,
venga chi migra,
tordo, frosone, zigolo muciatto,
presso la casa ove né suona il tardo
passo del vecchio. E vengavi d’appiatto
l’uomo lombardo,
e del tuo duro legno, alla sua guisa
foggi cucchiari e mestole; il cucchiare
con cui la mamma imbocca il bimbo, assisa
sul limitare.
Giovanni Pascoli