Le strinsi piú forte la mano senza parlare. Di Keats e della sua poesia sapevo poco, ma ritenevo possibile che, date le condizioni disperate in cui versava, non avesse voluto scriverle proprio perché l’amava moltissimo. Di recente avevo pensato che l’interesse di Clarissa nell’esistenza di quelle ipotetiche lettere avesse qualcosa a che fare con il nostro rapporto, e con la sua convinzione che un amore non può essere perfetto se non trova espressione in forma scritta. Nei mesi successivi al nostro incontro, e prima dell’acquisto dell’appartamento, mi aveva scritto alcune meraviglie, appassionatamente astratte nello svisceramento di ciò che faceva del nostro amore qualcosa di diverso e migliore rispetto a qualunque altro sentimento mai esistito. Forse è questa l’essenza di ogni lettera d’amore: la celebrazione dell’unicità. Io mi ero sforzato di eguagliarla, ma la franchezza mi aveva concesso solo di attingere ai fatti, che a me parevano comunque abbastanza miracolosi di per sé: una donna bellissima amava e voleva essere riamata da un uomo massiccio, goffo, stempiato e incredulo.
L’AMORE FATALE * Ian McEwan