Scorro da molto tempo sopra scritture sacre, senza spunto di fede. Nella lettura gusto l’alfabeto antico, la mia conoscenza avviene nella bocca. L’ebraico antico gira come un boccone tra lingua, saliva, denti e sella di palato. Aperto a ogni risveglio, è un avanzo di manna, prende i gusti desiderati sul momento, come succede ai baci.
La prima coppia umana, creata in un giardino il giorno sesto, ebbe sopra di sé la prima notte sconfinata. A loro insaputa spuntò nei corpi l’appetito, la sete, l’entusiasmo e il sonno. La prima notte, sconosciuta, sembrò a loro il resto del giorno uno, sbriciolato in puntini luce. Non sapevano se sarebbe tornato il sole, allora si abbracciarono. Le bocche si trovarono accanto e inventarono il bacio, il primo frutto della conoscenza. Era mercurio quella conoscenza, un liquido sensibile alla temperatura dei corpi. So quella prima volta perché l’ho avuta anch’io quell’ora sulla bocca, nel loro identico istante, su una sabbia di mare, il cielo scoperchiato sulla testa.
ERRI DE LUCA, I PESCI NON CHIUDONO GLI OCCHI