Mattini puri, di ghiaccio
Io ero forte e con mille interessi
Stendevo una mano e il mio amico
Suonava antiche romanze.
Così lusingate nascevano
Le promesse dei miei pomeriggi
Talora per lei la cui voce
Evocatrice è lontana, l’amica
Che del suo riso donava
Le ore più chiare, sfrenata e dolce…
Era sacra la solitudine
Anche se diveniva
Attesa sempre più disperante,
Se fugavo per l’Ospite la polvere
I vapori della stanza
La tristezza serviva ai miei filtri.
E tutto non era che menzogna
Non era che errore?
Quell’età che si è fatta cantabile
È degna di condanna?
La sunzione dei veleni quotidiani
I vizi e il tormento della purezza
E i molti amici e la stanchezza
E il compiaciuto decadimento;
Ma c’era la forza, e i giorni erano vivi
Erano tutti alba
Con qualche pomeriggio malinconico
Che appassiva come una rosa
Mi frastorna il ricordo
– E perdo la realtà – quasi un’angoscia.
Il ricordo è solo un’astrazione mentale.
È risveglio di antichi sensi
È tempo sospeso in altra luce
È una vita passata e non risolta
Che torna in un riflusso di linfa malata.
In memoria di altri inverni, inverno 1964, Francesco Villalba