Naufraghi sugli scogli,
ognuno narra
a sè solo – la storia
di una dolce casa
perduta,
sè solo ascolta
parlare forte
sul deserto pianto
del mare –
Triste orot abbandonato l’anima
si cinge di selvagge siepi
di amori:
morire è questo
ricoprirsi di rovi
nati in noi.
Naufraghi, Antonia Pozzi
***
Curva tu suoni
ed il tuo canto è un albero d’argento
nel silenzio oscuro.
Limpido nasce dal tuo labbro – il profilo
delle vette – nel buio – .
Muoiono le tue note
come gocce assorbite dalla terra.
Le nebbie sopra gli abissi
percorse dal vento
sollevano il suono spento
nel cielo.
Notturno, Antonia Pozzi
***
Tristezza di queste mie mani
troppo pesanti
per non aprire piaghe,
troppo leggere
per lasciare un’impronta –
tristezza di questa mia bocca
che dice le stesse
parole tue
– altre cose intendendo –
e questo è il modo
della più disperata
lontananza.
Sfiducia, Antonia Pozzi
***
Se io capissi
quel che vuole dire
– non vederti più –
credo che la mia vita
qui – finirebbe.
Ma per me la terra
è soltanto la zolla che calpesto
e l’altra che calpesti tu:
il resto
è aria
in cui – zattere sciolte – navighiamo
a incontrarci.
Nel cielo limpido infatti
sorgono a volte piccole nubi
fili di lana
o piume – distanti –
e chi guarda di lì a pochi istanti
vede una nuvola sola
che si allontana.
ricongiungimento, Antonia Pozzi
***
Forse non è nemmeno vero
quel che a volte ti senti urlare in cuore:
che questa vita è,
dentro il tuo essere,
un nulla
e che ciò che chiamavi la luce
è un abbaglio,
l’abbaglio supremo
dei tuoi occhi malati –
e che ciò che fingevi la meta
è un sogno,
il sogno infame
della tua debolezza.
Forse la vita è davvero
quale la scopri nei giorni giovani:
un soffio eterno che cerca
di cielo in cielo
chissà che altezza.
Ma noi siamo come l’erba dei prati
che sente sopra sé passare il vento
e tutta canta nel vento
e sempre vive nel vento,
eppure non sa così crescere
da fermare quel volo supremo
né balzare su dalla terra
per annegarsi in lui.
Prati, Antonia Pozzi
***
Con l’alba
dal mare salivo
per alte scalee: si piegavano
cieli d’attesa ai margini
della pietra.
E traboccò per la spianata il sole.
Trepidi fiotti corsero nei fusti
delle colonne,
dense vene si aprirono
di linfa bionda:
si levarono i templi nella luce
con mani vive
e misuravo tra le aeree dita
gli spazi
di un eterno mattino
Atene, Antonia Pozzi
***
Riallacciavano le formiche
Nere file di vita tra l’erba
Vicino ai capelli
E sul mio- sul tuo volto sudato
Una farfalla batteva le ali.
Dopo, Antonia Pozzi