L’aut-aut tra avere ed essere non è un’alternativa che s’imponga al comune buon senso. Sembrerebbe che l’avere costituisca una normale funzione della nostra esistenza, nel senso che, per vivere, dobbiamo avere oggetti. Inoltre, dobbiamo avere cose per poterne godere. In una cultura nella quale la meta suprema sia l’avere – e anzi l’avere sempre più – e in cui sia possibile parlare di qualcuno come una persona che « vale un milione di dollari », come può esserci un’alternativa tra avere ed essere? Si direbbe, al contrario, che l’essenza vera dell’essere sia l’avere; che, se uno non ha nulla, non è nulla.
Avere o essere, Erich Fromm
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Avere ed essere sono due modalità fondamentali dell’esperienza, il rispettivo vigore delle quali determina le differenze tra i caratteri degli individui e i vari tipi di carattere sociale.
Avere o essere, Erich Fromm
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Entro certi limiti, uno spostamento di accento tra avere ed essere è rilevabile nel crescente uso di sostantivi e nel decrescente impiego di verbi nelle lingue occidentali, verificatisi negli ultimi secoli.
Un sostantivo costituisce l’appropriata designazione di un oggetto. Posso dire che ho cose, per esempio che ho una tavola, una casa, un libro, un’automobile. L’appropriata denotazione di un’attività, di un processo, è invece costituita da un verbo, come a esempio io sono, io amo, io desidero, io odio, e via dicendo. Pure, sempre più di frequente accade che un’attività venga espressa in termini di avere; in altre parole, che un sostantivo sia usato al posto di un verbo. Ma esprimere un’attività mediante l’avere connesso a un sostantivo, risponde a un uso erroneo del linguaggio, dal momento che processi e attività non possono essere posseduti: si può soltanto farne l’esperienza.
Avere o essere, Erich Fromm
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« L’amore è una dea crudele la quale, al pari di tutte le divinità, aspira a possedere l’uomo tutto quanto e non è soddisfatta finché questi non le abbia sacrificato, non soltanto la propria anima, ma anche il proprio essere fisico. Il suo culto è fatto di sofferenza, e la sua culminazione è sacrificio di sé, è suicidio».
[…] Bauer « trasforma l’amore in una «dea» e in una «dea crudele», trasformando così l’uomo innamorato ovvero l’amore dell’uomo nell‘uomo d’amore; Bauer in tal modo separa l’amore come una entità distinta dall’uomo e la rende indipendente ». Nel passo in questione, Marx ed Engels richiamano l’attenzione sull’aspetto di maggiore importanza dell’uso del sostantivo al posto del verbo. Il sostantivo « amore », il quale non è che una astrazione indicante l’attività di amare, viene a essere separato dall’uomo; l’uomo innamorato diviene l’uomo d’amore; l’amore diviene una dea, un idolo nel quale l’uomo proietta il proprio essere innamorato. E in questo processo di alienazione, egli cessa di sperimentare l’amore, ma è in rapporto soltanto con la propria capacità di amare attraverso la sottomissione alla dea Amore. L’uomo ha cessato di essere un individuo attivo, senziente, per divenire l’alienato adoratore di un idolo.
Avere o essere, Erich Fromm
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Poniamo che un tale si rivolga a uno psicoanalista ed esordisca con la frase: « Dottore, io ho un problema; ho l’insonnia. Benché abbia una bella casa, bravi figli, un matrimonio felice, ho molte preoccupazioni ». Qualche decennio fa, anziché dire « ho un problema », il paziente con ogni probabilità avrebbe detto: « Sono agitato »; anziché dire « ho l’insonnia » avrebbe detto « non posso dormire » e invece di « ho un matrimonio felice », avrebbe usato l’espressione « sono felicemente sposato ».
Avere o essere, Erich Fromm
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Questa maniera di esprimersi, di recente introduzione, rivela l’alto grado di alienazione cui oggi siamo arrivati. Dicendo « ho un problema » invece di « sono agitato », si viene a togliere di mezzo l’esperienza soggettiva; l’io dell’esperienza è sostituito dall’impersonalità del possesso. Così facendo, trasformo i miei sentimenti in qualcosa che posseggo: il problema.
Avere o essere, Erich Fromm
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Per coloro i quali ritengono che l’avere sia una categoria assolutamente naturale dell’esistenza umana, potrà risultare sorprendente apprendere che molte lingue non hanno un termine equivalente ad « avere ». Cosi ad esempio, in ebraico « io ho » deve essere espresso mediante la forma indiretta jesh li (« è a me », è mio). In effetti, le lingue in cui il possesso viene espresso in questa forma anziché con l’« io ho », sono la maggioranza. Val la pena di notare che, nello sviluppo di molte lingue, è accaduto che l’espressione « è a me » sia stata in un secondo tempo accompagnata e sostituita dall’espressione « io ho »; ma, come ha fatto rilevare Emil Benveniste, non accade mai che l’evoluzione si verifichi in senso contrario
Avere o essere, Erich Fromm
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Se avere sembra un concetto relativamente semplice, essere è assai più complesso e difficile. Lo si usa secondo parecchie diverse accezioni: l. come copula, a esempio per indicare « sono ‘ alto », « sono bianco », « sono povero », cioè quale denotazione grammaticale di identità (molte lingue non dispongono dell’equivalente di « essere » in quest’accettazione del termine; lo spagnolo distingue tra qualità permanenti, ser, che appartengono all’essenza del soggetto, e qualità contingenti, estar, che non attengono all’essenza) ; 2. quale forma passiva, per così dire «sofferente », di un verbo, e a esempio « sono battuto » sta a indicare che sono l’oggetto di un’attività altrui, non il soggetto della mia propria attività, come invece in « io batto »; 3. nel significato di esistere, e in tal caso, come ha dimostrato Benveniste, l’« essere » dell’esistenza costituisce un termine diverso dall’« essere » quale copula che stabilisce l’identità: « Le due parole sono coesistite e possono tuttora coesistere, pur essendo completamente diverse ».
Avere o essere, Erich Fromm
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Dal momento che la società nella quale viviamo è dedita all’acquisizione di proprietà e al guadagno, di rado ci capita di trovarvi manifestazioni della modalità esistenziale dell’essere, e la maggior parte di noi considera la modalità dell’avere come la più naturale, anzi l’unico stile di vita accettabile; tutto questo ha per conseguenza che per la gente riesce particolarmente difficile comprendere la caratteristica della modalità dell’essere, e persino capire che l’avere non è che uno dei possibili indirizzi. Ciò non toglie che entrambe le concezioni abbiano radici nell’esperienza umana. Né l’una né l’altra dovrebbe essere – e del resto è impossibile – esaminata in maniera astratta, puramente intellettualistica; entrambe trovano un riflesso nella nostra vita quotidiana e devono essere affrontate in concreto.
Avere o essere, Erich Fromm
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Avere o Essere?
Erich Fromm |