Questa storia, che si svolge una domenica di luglio in una Lisbona deserta e torrida, è il Requiem che il personaggio che chiamo “io” ha dovuto eseguire con questo libro. Se qualcuno mi chiedesse perché questa storia è stata scritta in portoghese, risponderei che una storia come questa avrebbe potuto essere scritta solo in portoghese, e basta.
Antonio Tabucchi, Requiem
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Questo Requiem, oltre che una “sonata”, è anche un sogno, nel corso del quale il mio personaggio si trova ad incontrare vivi e morti sullo stesso piano: persone, cose e luoghi che avevano bisogno forse di un’orazione, un’orazione che il mio personaggio ha saputo fare solo a modo suo: attraverso un romanzo.
Antonio Tabucchi, Requiem
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E adocchiai ai miei piedi la mia ombra, e anche lei mi parve assurda e incongrua, non
aveva senso, era un’ombra corta, appiattita dal sole di mezzogiorno, e fu allora che ricordai: lui aveva fissato per le dodici, ma forse aveva voluto dire le dodici di notte, visto che i fantasmi appaiono a mezzanotte.
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In linea di principio io sono a favore di tutte le droghe, dissi io, leggere o pesanti, ma solo in linea di principio, in pratica sono contro, scusi, sono un intellettuale borghese pieno di preconcetti, non posso accettare che lei faccia uso di droghe in questo giardino pubblico offrendo un’immagine desolante del suo corpo, scusi sa ma è contro i miei principi, potrei anche arrivare ad ammettere che si drogasse in casa sua come si faceva una volta, in compagnia di amici colti e intelligenti, ascoltando Mozart o Erik Satie.
Antonio Tabucchi, Requiem
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Aprii la porta della camera, guardai il soffitto e vidi il cielo. Era un cielo molto azzurro, trasparente, che feriva gli occhi. Era inverosimile, quella camera con il letto, l’armadio e i comodini, alla quale mancava in pratica tutto il tetto.
Antonio Tabucchi, Requiem
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Che strano, quando ero giovane avevo sempre pensato che quell’azzurro fosse mio,
che mi appartenesse, e invece adesso era un azzurro esagerato e distante, come un’allucinazione, e pensai: non è vero, non può essere vero che mi trovi un’altra volta in questo letto e invece di guardare il soffitto, come ho fatto tante altre notti, veda un cielo che mi è appartenuto una volta.
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ho passato la mia vita tra i ricchi, è una noia vivere sempre accanto ai ricchi e non essere ricco, perché se
ne acquista la mentalità ma non si può accompagnarsi a loro, io avrei la mentalità perfetta per vivere da ricco ma non ho i mezzi, ho solo la mentalità.
Antonio Tabucchi, Requiem
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non crede che sia proprio questo che la letteratura deve fare, inquietare?,
da parte mia non ho fiducia nella letteratura che tranquillizza le coscienze. Nemmeno io, approvai, ma vede, io sono già abbastanza inquieto per conto mio, la sua inquietudine si aggiunge alla mia e produce angoscia.
Preferisco l’angoscia ad una pace marcia, affermò lui, tra le due cose preferisco l’angoscia.
Antonio Tabucchi, Requiem
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