Le donne dagli occhi grandi guardano il mondo con meraviglia ed entusiasmo, con rabbia, tormento e determinazione, con voglia di vivere e di combattere.
Le donne dagli occhi grandi sono tante, tutte affascinanti, ciascuna con la propria unica e particolare bellezza concentrata in un particolare del viso, in una ciocca di capelli, nel modo di incedere, di parlare o di sorridere.
Le donne dagli occhi grandi amano con passione, fanno dell’oggetto del loro desiderio il centro della propria vita, pronte a sacrificarsi, a mentire, a negare se stesse, a fare le valige e partire.
Donne per le quali “l’amicizia tra uomini e donne è un bene imperdonabile”, donne che hanno “un tale subbuglio nel cuore” che per ventilarlo lasciano le porte aperte, “così che chiunque poteva entrare e chiedere affetto e favori senza neppure bussare”, donne che danno baci “di quelli che le donne innamorate regalano perché non sanno più dove metterli”.
Angeles Mastretta,Mujeres de ojos grandes (donne dagli occhi grandi)
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«Una bella donna è un’ascia che tronca la vita» dicevano gli antichi. È naturale che prima o poi il corpo sfiorisca e diventi secco come legna da ardere. Molti sono però gli stolti che si lasciano travolgere dal turbine delle passioni e si consumano anzitempo fino a morirne. Questa specie di uomini, purtroppo, è dura a estinguersi. Dovendo recarmi a Saga, a occidente della capitale, il giorno dell’uomo del primo mese, mi accingevo ad attraversare il fiume Mumezu, dalle correnti profumate di petali di fiori, un inequivocabile annuncio dell’imminente primavera, quando incontrai due uomini. Il primo era di bell’aspetto, vestito all’ultima moda, ma come logorato nel fisico e con il volto pallido, alterato dalle passioni amorose: si capiva che gli rimanevano ben poche speranze, e che sarebbe probabilmente morto prima del padre.
«Non posso proprio lamentarmi. L’unica cosa che vorrei è che il liquido dell’amplesso non si estinguesse mai, come la corrente di questo fiume» disse. Al che l’amico, stupito, rispose: «Io invece vorrei che ci fosse un paese assolutamente privo di donne. Andrei subito ad abitarvi, se esistesse, così la mia vita, che tanto mi è preziosa, durerebbe più a lungo e potrei contemplare a mio agio le cose di questo mondo che incessantemente mutano e si trasformano».
Ihara Saikaku – Vita di una donna licenziosa
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Scrivere non è certamente facile. Ma oggi scrivere in Iraq diventa una vera impresa, quando si conoscono le innumerevoli difficoltà, materiali ed etiche, causate dalla guerra – le guerre – e soprattutto dall’embargo. D’altronde, l’attività dell’editore è quasi una missione impossibile in un Paese dove manca carta, inchiostro, pezzi di ricambio per stampanti. E soprattutto manca quella bella rosa dai petali splendenti, ovunque agognata: la libertà di espressione.
Laggiù, dopo aver messo a letto i bambini, le donne scrivono nell’oscurità di eterne interruzioni di elettricità. L’ispirazione raggiunge occhi affaticati e spenti. Occhi che non possono permettersi una matita di kajal importata, perché ha un prezzo esorbitante: come cento biro, tre polli o ottanta gallette di pane. Insomma, l’intero stipendio di un mese!
Inaam Kachachi – Parole di donne irachene – Il dramma di un Paese scritto al femminile
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Intorno a un camino orfano, eccoci riunite. Cerchi e cerchi di donne costrette alla coabitazione. Cerchi di corpi sformati e di pelli flaccide, sfibrate dalla paura del futuro, putrefatte dall’incertezza. Cerchi di un silenzio improbabile, immutabile, beato. Lineamenti svuotati, occhi che fissano il medesimo punto. Talvolta le vedevo svegliarsi in piena notte, come per gettare un ultimo sguardo, ai loro giorni e alla Terra. Un addio ai figli e alla casa, un addio perfino a quella penosa afflizione che strappava la membrana del cuore e vi si sostituiva.
Inaam Kachachi – Parole di donne irachene – Il dramma di un Paese scritto al femminile