La prospettiva. Devo vedere le cose nella giusta prospettiva. Non è un terremoto e neppure la strage di un pazzo armato o una fusione nucleare,
no? Nella classifica delle catastrofi, la mia non è poi così tremenda. No, non così tremenda. Un giorno, quando mi ricorderò di questo momento,
mi verrà da ridere e penserò: “Che scema sono stata a preoccuparmi!”.
SOPHIE KINSELLA – HO IL TUO NUMERO
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«È questo che ti aspetti da un uomo? La
perfezione? Vuoi un uomo perfetto? Perché, credimi, non esiste.
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I pensieri continuano a girarmi vorticosamente in testa. Dunque ha commesso un errore. Un errore molto, molto grosso. Voglio davvero gettare
tutto via per questo? Io sono così perfetta? Diciamocelo, ventiquattr’ore fa ero fra le braccia di un altro uomo in un bosco.
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«Quel che conta… è che mi hai comprato un anello. Da solo.»
Mentre pronuncio queste parole, i miei pensieri sembrano riorganizzarsi e consolidarsi. Tutte le mie illusioni svaniscono. Questa è la realtà, ce l’ho
davanti agli occhi. Adesso so che cosa voglio. Prendo l’anello dalla scatolina e lo osservo per un attimo, sentendo il sangue pulsare forte nella
testa. «L’hai scelto per me. E io lo adoro.
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Magnus non è superstizioso. È tale e quale a suo padre. Perciò, anche se oggi è il giorno delle nozze – anche se lo sanno tutti che porta sfortuna
–, ieri sera è rimasto a dormire da me. Quando gli ho chiesto di andare a casa dei suoi, si è immusonito dicendo di non essere così ridicola, e poi
che senso aveva portare via tutta la sua roba per una notte sola? Ha aggiunto che le persone che credono a cose del genere sono…
A quel punto si è bloccato. Ma io so che stava per dire “deboli di pensiero”.
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Ora so esattamente perché hanno introdotto l’usanza di rimanere separati la notte prima del matrimonio. L’amore, il sesso, la castità e compagnia
bella non c’entrano niente. Questa usanza esiste solo per evitare di litigare e di andare all’altare pestando i piedi, inviperite con lo sposo,
progettando di spiattellargli in faccia tutte le verità domestiche una volta tolte di mezzo le nozze.
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Se fossi in una di quelle serie televisive americane ambientate in lucide cucine di lusso, adesso andrei da lui, gli poserei una mano sul braccio e
gli direi teneramente: “Sarà un giorno meraviglioso, amore”. Allora la sua espressione si raddolcirebbe e lui direbbe: “Lo so”. A quel punto ci
baceremmo e, grazie al mio fascino e alla mia amorevolezza, la tensione si allenterebbe.
Ma non sono in vena. Anch’io so essere bellicosa, se voglio.
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Soltanto il mio fratellino più piccolo potrebbe suggerirmi di leggere il giornale in macchina mentre vado a sposarmi. Come se fosse una cosa
talmente noiosa da richiedere un passatempo.
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Mi rigiro l’anello di fili d’oro al dito, cercando disperatamente di aprirmi un varco fra tutti i pensieri contraddittori che mi attraversano la mente.
Magnus mi ama? Cioè… che cos’è l’amore? Nessuno lo sa esattamente. Nessuno è in grado di definirlo. Nessuno può spiegarlo. Ma il fatto che
un uomo scelga un anello solo per te a Bruges dovrà pur essere un buon inizio, no?
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Spengo lo smartphone e per un attimo guardo la luce che svanisce. Adesso non c’è più nessuno, lì dentro. È una scatola
morta e vuota.
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«Non tutto, nella vita, è uno stramaledettissimo simbolo!»
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