Mattina sul mare, lo sguardo corre in superfice, la mia casa avanza lenta sull’acqua, carica di anime inquiete e distratte, solo io e il mare parliamo lo stesso idioma, una lingua diversa profonda, quella dell’anima. Oggi che non ho più la vitalità del corpo, osservo senza invidia ma rimpianto una gioventù che s’affanna nel credere che nulla può cambiare, che nulla può finire e questa certezza la leggi nei loro visi spavaldi, nell’arroganza dei corpi e il mondo sembra giri intorno a loro, che ignari si lasciano accarezzare dal tempo. Io che di quella carezza ho vissuto, continuo ad osservare il mare che uguale, nei colori, nelle profondità, m’infonde la calma e la gioia dei giorni.
(Mirella Narducci)