Quella sera percorsi il corridoio di casa come una piccola zombie. Stanca, spenta.
Aprii il frigorifero e contemplai quelle poche cosa che vi erano e capii che ancora una volta mia madre non aveva fatto la spesa. Chiusi il frigorifero. Tornai a letto. Guardai il cellulare e la nostra foto come sfondo. Avevamo scambiato solo due parole quella dannata sera, tu hai il doppio dei miei anni, e sei anche impegnato. Non riesco davvero a capire come faccio ad innamorarmi di persone così sbagliate. La sera dopo tu eri così in alto, ed io così in basso in mezzo ad un mucchio di persone che ti acclamavano. Su Facebook scambiamo solo due parole ogni tanto. Beh, posso ufficialmente dire che mi sono innamorata, chiamiamolo amore assurdo.
Giugno 2010
Ma la bambina, quell’antica bambina, la mia Claudia era cenere.
Un urlo crebbe dentro di me, un selvaggio devastante urlo che veniva dalle viscere del mio essere… si alzava come il vento che faceva turbinare la pioggia su quelle ceneri, che batteva sull’impronta di una mano, sui mattoni che sollevava quei capelli biondi.
INTERVISTA COL VAMPIRO, Anne Rice
Da una parte c’era il mare, invaso di adolescenti in quell’ora bestiale. Dall’altra il muso dei casermoni popolari. E tutte le serrande abbassate lungo la strada deserta. Il mare e i muri di quei casermoni sotto il sole rovente del mese di giugno, sembravano la vita e la morte che si urlavano contro. Non c’era niente da fare: via Stalingrado, per chi non ci viveva, vista da fuori, era desolante. Di più: era la miseria.
Acciaio, Silvia Avallone, 2010